Quasi mai il cuore di una città pulsa lì dove è il suo centro rappresentativo istituzionale, o dove si distendono le sue vie più eleganti.
Così, come l’anima più vera di Roma vibra non a Via del Corso o a Piazza Colonna, ma tra le romantiche rovine del monte Palatino, il cuore di Napoli pulsa non al Vomero o a Palazzo San Giacomo, bensì nella stretta via di San Gregorio Armeno, una strada che è il centro dell’artigianato sacro e, in particolare, di quel settore di esso che è il presepe popolare.
Nella breve e stretta via di San Gregorio Armeno, celebre anche per il caratteristico campanile-cavalcavia, si avverte il peso dei secoli di storia che la resero augusta, tanto che il visitatore impreparato corre il rischio di un vero e proprio tracollo psichico, per le nuove insostenibili emozioni da cui si sente pervaso, sommerso quasi dal cumulo dei significati non solo storici, ma anche simbolici.
Nella Napoli Greco-romana questa via era il “cardine maggiore”, la via, cioè, che congiungeva l’agorà (la “piazza”, il centro politico, civile e sociale della città) con il decumano inferiore, cioè l’arteria longitudinale, ricca di vita, di movimento, di traffici.
A Napoli, infatti, il tracciato delle strade, nel centro antico, resta immutato sotto lo stratificarsi delle memorie, in modo che è possibile, avendone la sensibilità, cogliere lo spirare di un’anima eterna, anche nel continuo rinnovarsi delle cose.
L’antica “agorà” è oggi piazza San Gaetano, così chiamata dal Santo la cui statua si eleva al di sopra di un alto basamento.
Su questa piazza si affaccia la chiesa di San Paolo Maggiore, cui si accede da due rampe di scale, e che conserva nelle due colonne ai lati del portale la testimonianza che essa un tempo fu il tempio consacrato ai Dioscuri, cari così ai Greci come ai Romani. Nella mitologia Greco-romana, I Dioscuri erano i due giovani figli di Zeus, protettori dei naviganti nelle traversate per mare. Nella religione cristiana, il loro posto fu occupato dai Santi Apostoli Pietro e Paolo che guidano a sicuro porto la navicella della Chiesa
Vi era qui anche la basilica romana, sul cui luogo si eleva oggi la chiesa di San Lorenzo Maggiore, che il popolo chiama “chiesa di Sant’Antonio”: una pregevole, straordinaria immagine riceve la calda devozione che i Napoletani tributano all’affascinante taumaturgo di Padova.
In questa chiesa, il visitatore preparato, mentre contempla i frammenti di affresco e i sepolcri angioini, raccoglie il ricordo di Petrarca e il sospiro di Boccaccio, che proprio in questa chiesa incontrò Fiammetta.
Di fianco alla chiesa, insieme alla torre campanaria, non devono sfuggire al visitatore gli stemmi dei seggi napoletani, che spiccano policromi accanto alla severa parete di piperno.
Come accennavo all’inizio, via San Gregorio Armeno è nota al gran pubblico come “via dei presepi”, o “via dei pastori”, per essere il centro, oltre che della statuaria sacra in legno e cartapesta, di quell’artigianato delle figurine in creta, il cui ricordo toponomastico è conservato da una viuzza tra il decumano e il Grande Archivio, la quale porta il significativo nome di “via dei Figurari”.
In questa strada vi sono anche dei monumenti architettonici e storici di grande importanza.
Il convento di San Gregorio Armeno è celebre per il chiostro e per il suggestivo cavalcavia, il quale è parte non piccola del fascino di questa strada: la chiesa annessa conserva le spoglie mortali di Santa Patrizia. Nei secoli scorsi si credette che il convento e la chiesa sorgessero sul luogo del tempio di Demetra, la Cerere dei Romani. Forse l’identificazione non si può sostenere con i dati storici ed archeologici, eppure, al di là delle dispute erudite, in questi luoghi ciò che fu creduto ha lo stesso valore di ciò che è storicamente accertato; vi è, infatti, una verità psicologica, che, accanto alla verità storica, ha la sua necessità.
A metà circa della strada, sulla sinistra a scendere, il fondaco, uno dei pochi scampati al passaggio devastante di quel che fu detto “il Risanamento”, che moltò distrusse e ben poco risanò, vide la nascita di Giuseppe Sammartino, lo scultore del “Cristo velato” che si ammira nella Cappella Sansevero. Questo artista non fu estraneo all’arte presepiale.
Al termine della via, lì dove essa incrocia il decumano, la cappella, carica di ex-voto, dedicata al culto di San Biagio, si lega al leggendario ricordo della dimora di San Gennaro e a quello, nella piena luce della storia, di Giambattista Vico che qui ebbe la casa natale, figlio di quell’arte libraria che in questi luoghi celebra i suoi fasti.
Perciò, se ti recherai un giorno a Via San Gregorio Armeno, o, nel caso che tu già vi sia stato, se vi farai ritorno, nella ricerca dei “pastori”, cioè delle figurine con cui popolare il tuo presepe, non lasciarti sfuggire i segni della memoria, i segni della leggenda e della storia, che sono i tratti distintivi dell’anima d’un popolo.
Queste scarne note sulla strada di San Gregorio Armeno scrissi un otto dicembre di un anno imprecisato, nella festa della Beata Vergine Immacolata, e le dedicai alla memoria di mio padre e di mio fratello, ambedue Vincenzo, che in questa strada esercitarono l’arte nobilissima della statuaria sacra, al numero 50, dove io stesso nacqui. E alla memoria di mia madre che nel loro ricordo mi educò. Tutti e tre oggi godono la vista della Madre di Dio, nel suo verace volto, del cui fulgore un tenue barlume almeno mio padre tante volte trasfuse nella creta, perché all’umanità dolente fosse luce e conforto nell’amaro cammino della vita.
Caro Italo,
meraviglioso e commovente questo tuo articolo sulla “strada del presepe”, soprattutto nella parte finale. Mi piacerebbe che approfondissi due questioni: la prima, riguarda il fondaco, una sorta di bottega/alloggio se non sbaglio, e poi citando il Sammartino dici “artista non estraneo all’arte presepiale”.
Grazie per i tuoi chiarimenti
Mariano
Caro Mariano, ho quasi l’impressione che mi leggi nel pensiero; prima Michele Cuciniello,ora Sammartino e il fondaco: perché anche su Sammartino ho in preparazione un articolo, forse la settimana prossima. Grazie per gli stimoli a proseguire ed approfondire.