Turismo selvaggio e rinascita dello spirito

Turismo selvaggio a Napoli: il turismo è una risorsa culturale ed economica importante. Ma, quando si trasforma in invasione, snatura  le località visitate, che perdono il loro fascino e la loro significatività. Tuttavia, a chi coltiva i valori dello spirito, è dato sperare nella rinascita: a volte basta una piccola ma importante scoperta perché si rianimi la speranza.

Odi profanum vulgus et arceo: “Detesto il volgo profano e lo tengo lontano”, diceva il buon vecchio Orazio, in uno dei suoi carmi (Odi, III I, 1), e il verso è passato, coi secoli, a dignità di aforisma.
Quando lessi l’ode per la prima volta al liceo, la gioventù e l’incrollabile fede democratica mi resero invisa l’affermazione, quale segno di aristocratico orgoglio: va bene essere un grande poeta, ma un po’ di umiltà e di vicinanza al popolo non guasterebbero certo!
Ma oggi che l’età mi ha imbiancato i capelli e la barba, non sono lontano dalla sensibilità dell’antico poeta: quando mi aggiro per strade, stradine e piazze del centro storico di Napoli, la folla di turisti, del tutto inconsapevoli dei danni che stanno provocando, mi spinge a ripetere di tanto in tanto: Odi profanum vulgus et arceo. “Turismo selvaggio” è il termine adatto che è stato coniato per un certo tipo di turismo.
Ahimé, ché non posso “tenerlo lontano”, né sono un profeta da potere afferrare uno scudiscio e scacciare la folla profana dal sacro tempio che è la mia Napoli.

Turismo selvaggio a Napoli
Turismo selvaggio a Napoli – Decumano maggiore – tra i portici angioini e la chiesa del Purgatorio ad Arco

No, amico Lettore, il mio sdegno contro il turismo selvaggio non è senza ragione: quella folla che impedisce il cammino, che si muove divertita tra le brutture di un artigianato teso a solleticare la curiosità e il divertimento, è composta da “profani” che non si rendono conto di avere, con la loro presenza, snaturata quella città, che essi credono di ammirare nella sua verità e originalità.
Tra i danni del turismo selvaggio vi è la perdita di significato che puoi notare già soltanto nel vedere tra le statuette delle anime purganti un san Gennaro con la mitra vescovile, avvolto nelle fiamme dell’espiazione: mio Dio, il santo martire, il patrono cui la città della Sirena raccomanda la propria salvezza, tra le fiamme purgatoriali a scontare non si sa che colpe!
Anche il diavolo è rappresentato tra le “anime del Purgatorio, dimenticando la sua impossibilità di pentimento e di redenzione.
Che vuol dire questo? Che chi ha fatto le statuette, chi le espone e infine chi le compra non ha la minima idea di chi tradizionalmente siano le anime del Purgatorio, del quale ignora la natura, e non sa neppure chi siano san Gennaro e il diavolo. E l’artigianato, che un giorno era portatore di cultura, oggi è tramite di ignoranza e incultura.
Anche i nomi delle strade perdono il loro significato: a San Biagio dei librai, dove una volta si aggirava Benedetto Croce a rovistare tra le bancarelle e le sporte delle numerose librerie (anch’io, da ragazzo, rovistavo e trovavo gemme preziose a prezzi modesti), librai non ce ne sono più.
L’acre odore dell’olio di frittura che impregna l’aria, rendendola quasi irrespirabile (e se ci restate troppo, vi impregna anche gli abiti e i capelli), suggerirebbe di cambiare il nome alla strada in “San Biagio dei frittai”, se non fosse il rispetto dovuto a uno dei compatroni di Napoli.
Il cambiamento potrebbe essere un saggio provvedimento di una giunta comunale che ha lanciato lo slogan “vedi Napoli e poi mangia”, come se i turisti, che puoi vedere a qualunque ora del giorno intenti a fare la fila davanti a bar e a pizzerie, avessero bisogno di incoraggiamenti dall’alto per preoccuparsi, più che di nutrirsi, di ingozzarsi.

Ma allora, potresti chiedermi, se non posso tenere lontano il profanum vulgus, perché non me ne tengo lontano io stesso, tenendo altro cammino?
Ahi! Ché l’amore del luogo natio dirige i miei passi verso quei luoghi dove non solo sono nato, ma dove si sono svolte le fasi della mia iniziazione cristiana e culturale, oltre che l’iniziazione alla vita. Nato al numero 50 di via San Gregorio Armeno, sono stato battezzato nella chiesa dei Santi Filippo e Giacomo e ho frequentato, da alunno riottoso e ribelle, le prime due classi elementari nella scuola “Luigi Settembrini”, a palazzo Carafa, ’a scola d’’a capa ‘e cavallo, come allora si diceva. Sono tutti luoghi di cui dovrò parlare, perché importanti e significativi per la città della Sirena e, nel mio modesto ruolo di esegeta, anche per me.
Ma l’iniziazione vera alla vita, all’arte, alla religiosità, l’ho avuta da mio padre Vincenzo, in quei pochi anni che ho potuto godere della sua presenza.

E poi, lungo il cammino, può accadere di imbattersi in qualche cosa di eccezionale, qualcuna di quelle cose che il poligrafo greco Plutarco definì tà phéugonta tùs pollùs “ciò che sfugge ai più”, qualcosa che, semplice alla superficie, rivela una profondità di significato.

Madonna con il Bambino; la pigna. Intero
Madonna con il Bambino; la pigna

Così, qualche giorno fa, mentre cammino per Spaccanapoli, cercando di evitare per quanto possibile il detestato turistico urto e trattenendo il respiro, infastidito dall’aspro sentore di fritto, l’occhio mi cade sulla bancarella di un rigattiere/antiquario, dove, in mezzo alle buone cianfrusaglie dei vecchi tempi, esso, ormai reso esperto da anni di ricerche, coglie un “pezzo” pregevole sotto diversi aspetti: la statuetta lignea di una Madonna con il Bambino, che le gioca in grembo.

Madonna con il Bambino; la pigna. Particolare

Non è solo la finezza dell’intaglio, che rende la morbidezza delle pieghe dell’azzurro ammanto in cui è drappeggiata, a rendermela immediatamente attraente, ma un particolare abbastanza raro da trovare in questo tipo di raffigurazioni. Di solito, infatti, la Madre offre al Divino Figlio qualche fiore o frutto, simboli della Sua Passione: la passiflora, il melograno, o anche una crocifera (come nella Madonna Benoit di Leonardo). In questa piccola statua, la Vergine improvvisa con il Figlio un gioco mediante una pigna. Ora, si sa bene il valore della pigna, simbolo della Rinascita.

Del valore simbolico della pigna ho scritto nel mio libro dedicato alla cattedrale di Napoli, sulla cui facciata, tra l’ornamentazione vegetale, spiccano anche delle piccole rappresentazioni di questo ricettacolo di frutti, i pinoli, che acquista il valore della rinascita: tra le mani del Bimbo Divino e della Sua Vergine Madre, esso diviene il simbolo della Rinascita Eterna. Ho sempre creduto in quei fatti apparentemente casuali che Jung definisce coincidenze significative. Mentre ero assorto in foschi pensieri sul destino della mia città,  questa immagine mi si fece incontro come un lieto presagio che Napoli, la città della Sirena, di Virgilio, di Gennaro, ad onta delle turistiche orde, benché umiliata nella sua enorme valenza artistica dall’eposizione delle “Veneri straccione” e dei “Pulcinella fallici”, rinascerà come la Fenice rinasce dalle sue ceneri.

Noi ti ringraziamo per le Tue Misericordie di sangue.
Per la tua redenzione di sangue.
Perché il sangue dei Tuoi martiri e santi
arricchirà sempre la terra.
Creando altri luoghi santi ancora.
 Perché dove un santo ha abitato,
dove un martire ha dato il suo sangue,
per il sangue di Cristo,
Là. il luogo è santo, e la santità
non si partirà mai di là.
Se pure degli eserciti sarà calpestato,
se pure verranno, con le guide, a visitarlo, i turisti.

Sono versi tratti dal dramma del grande poeta inglese Thomas Stearne Eliot, Assassinio nella cattedrale, che ti consiglio vivamente di vedere (traduzione di Alberto Castelli).

Napoli, sorta sul corpo di una Sirena, nobilitata dal canto di Virgilio, santificata dal sangue di Gennaro, merita, tra l’altro, anche un turismo qualificato e cossciente della sacralità del suolo che calpesta.

Procul, procul este, profani!

Un Commento

  1. San Biagio dei librai completamente snaturata, una friggitoria a cielo aperto, la folla che ti impedisce di camminare e avanza compatta guardando la nuca di chi precede… che disastro! Ah, e poi questa di S. Gennaro e del diavolo tra le anime del Purgatorio mi mancavano!
    Che occhio, complimenti per la statuetta lignea, caro Italo, un vero capolavoro!

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