Sileno è una figura del mito greco, legata al vino e all’arcana sapienza: in quanto tale è precettore di Dioniso. Compare sul presepe napoletano sotto le spoglie di uno dei personaggi “irrinunciabili”: lo sai individuare?
Voglio parlare, ora, come faccio spesso, di mitologia greca e, questa volta, di Sileno.
Sarcofago al Museo del Campidoglio.
Fotografia di I. S.
Sicuramente sai che i Greci avevano una fervida fantasia e un profondo sentimento poetico della natura e della vita, così che, sviluppando gli spunti offerti dalle tradizioni dei popoli più antichi con i quali erano venuti in contatto, crearono una quantità di miti e di leggende, in cui affondano le radici la nostra letteratura e le nostre tradizioni. Pensa alla psicoanalisi di Freud: dove avrebbe, l’insigne scienziato, preso i nomi per i complessi che andava scoprendo, dei nomi poetici e immediatamente evocatori, intendo, se non avesse avuto a disposizione il patrimonio mitologico messo a disposizione dalla fantasia della grecità? Possaimo immaginare la psicanalisi senza il “complesso di Edipo”? Certo, l’avrebbe chiamato in qualche altro modo, ma non credo che sarebbe diventato così famoso, anche a livello popolare.
I miti greci riposano al fondo di molte nostre manifestazioni culturali: e, naturalmente, costituiscono anche un elemento di sottofondo del presepe, soprattutto nella sua variante popolare. Come ho spesso notato, per esempio qui, i “pastori” del presepe popolare napoletano sono i personaggi che si incontrano (o che per lo meno si incontravano fino a qualche tempo fa) per le strade di Napoli e nei suoi dintorni, ma sono anche l’incarnazione di antiche divinità che, sotto quotidiane spoglie, si aggirano ancora fra noi.
Tra le figure del mito greco ve n’è una che mi è particolarmente simpatica: il vecchio Sileno, che fu il precettore del giovane Dioniso.
Dioniso, che i Latini chiamavano Bacco (o anche Liber, che faceva coppia con Libera), era un semidio (non proprio un dio, perché era figlio di Zeus, ma sua madre era una donna mortale, Semele), che aveva scoperto e donato agli uomini la vite, con il suo diretto derivato, il vino, quella inebriante bevanda la cui invenzione gli Ebrei attribuivano a Noé.
Dono di Dioniso, o di Noé, comunque, il vino impreziosisce la tavola, cui conferisce splendore con il suo colore oro paglierino o rosso rubino.
La bottiglia del rosso liquore sulla tavola risplende come un rubino in un gioiello. Spero che tu non sia astemio, altrimenti ti sarà difficile comprendere il mio entusiasmo, nel celebrare l’elogio del vino. E, nel farlo, ho presente anche che il Signore Gesù operò il suo primo miracolo, in obbedienza a sua Madre, trasformando l’acqua in vino, alle nozze di Cana. E il suo ultimo miracolo della sua terrena dimora fu la trasformazione del vino nel suo Sangue.
Il valore del vino è dunque un valore sacrale, se esso giunge fino a noi, attraverso tre figure di cui due sono prefigurazioni della terza.
Forse sto divagando dal mio argomento principale? No, perché, altrimenti non potrei parlarti di Sileno.
I Sileni sono figure mitologiche legate alla natura, di cui rappresentano una delle forze più vive. Sono rappresentati con le orecchie appuntite dell’asino e con una coda equina; del resto hanno in tutto e per tutto fattezze umane.
Museo dei Campi Flegrei-Baia.
Foto di I. S
Tra di essi ve n’è uno, che è il Sileno per eccellenza: il precettore di Dioniso; egli è vecchio, calvo e panciuto e in preda a una continua ebbrezza, che rende vacillante il suo passo, sì che deve sempre appoggiarsi a un sileno più giovane, oppure, cosa che gli è senz’altro più gradita, a una giovane e bellissima ninfa. Talvolta, si fa trasportare da un asino.
Museo dei Campi Flegrei-Baia.
Foto di I. S.
Ma sbaglieresti, a credere che l’ubriachezza di Sileno sia un’ubriachezza volgare: è quanto puoi capire se presti attenzione a quello che gli Antichi narravano di lui.
C’è un racconto che tutti conoscono: quello del re Mida, il quale, avendo catturato il vecchio Sileno, chiese un riscatto a Dioniso: e il prezzo del riscatto consisteva in un dono, il potere di trasformare in oro tutto ciò che toccava. Pur di riavere il suo caro precettore, Dioniso accontentò Mida. Ma questi ebbe ben presto a pentirsene: poiché il suo magico tocco trasformava in oro non solo gli oggetti da lui destinati allo scopo, ma anche i cibi verso i quali stendeva la mano per nutrirsene. Anche la sua sposa, una volta che egli l’abbracciò, divenne una statua di oro.
Un altro racconto dice che Mida, avendo in suo potere Sileno, volle sapere da lui quale fosse il meglio per l’uomo: ridendo di un riso terribile, il vecchio rispose che il meglio per l’uomo è non nascere; ma, una volta che si è nati, il meglio è morire al più presto. Al re abituato a chiedere doni pericolosi, Sileno svelava il fondo tragico dell’esistenza.
L’ubriachezza di Sileno è, infatti, legata a una conoscenza che va al fondo delle segrete cose, poiché egli conosce le radici del mondo e della storia dell’uomo.
In una delle sue bucoliche, Virgilio, con il quale il presepe napoletano ha più di un legame, racconta che due giovinetti, Cromi e Mnasillo, in un bosco si imbattono in Sileno immerso nel sonno dell’ubriachezza. Con loro c’è la giovane Egle. Poiché il vecchio aveva spesso promesso loro un canto, ma non aveva mai mantenuto, pensano di giocargli un tiro e lo legano con gli steli di cui si compone la sua corona conviviale; risvegliatosi, il vecchio ride (e questa volta il suo riso è bonario). “Scioglietemi, ragazzi – dice -, è già sufficiente che abbiate pensato di potermi costringere”; poi aggiunge (e noi lo vediamo ammiccare divertito): “Voi avrete il canto: questa qui (la ragazza) s’avrà poi altra ricompensa”.
E quindi narra le origini del mondo, la storia dell’uomo con i suoi progressi, dai divagamenti ferini alla nascita della civiltà. E tutt’intorno, le bestie silvestri, gli alberi e le cime dei monti ascoltano stupefatti il canto.
Ti ho esposto, molto in breve, il contenuto della sesta egloga di Virgilio, che analizzai nel mio primo libro, In limine, nel quale adombravo anche le radici del presepe napoletano in queste antichissime storie. Ne ho parlato qui.
Dopo questi miei avvertimenti, non ti stupirai nel ritrovare la figura del vecchio Sileno sui sarcofagi antichi, su cui la figura del precettore di Dioniso, e di Dioniso stesso, è un altro segnale della fede nella sopravvivenza dell’anima, al di là della morte. L’uomo antico, infatti, non crede alla morte come annientamento totale.
Foto I. S.
Ma se vuoi vedere una straordinaria figura di Sileno come cantore e ministro di riti iniziatici, devi andare a visitare la Villa dei Misteri a Pompei: qui lo potrai vedere nel celebre affresco che circonda la sala, nella parete di sinistra, rivolto verso la scena con le nozze di Dioniso e Arianna (o di Kore, il che non cambia di molto il significato).
Da una cartolina illustrata.
Mi resta da aggiungere che Sileno è una forma certamente più simpatica di quella deforme divinità che presso gli Egizi era Bes, come ci appare in una statuetta del Museo Correale di Sorrento e nelle due grosse e un po’ rozze statue che furono collocate accanto al rudere della Porta Magica di Roma.
Foto I. S.
Dopo ciò che ti ho detto, non dovrebbe esserti difficile individuare in quale dei personaggi “irrinunciabili” del presepe popolare napoletano si sia trasfusa la memoria del vecchio precettore di Dioniso. Ci vuoi pensare, in attesa che io te lo dica in un prossimo articolo, se non ci sei già pervenuto per tuo conto?
Anche se credo di aver capito a quale personaggio si riferisca attendo con curiosità ed interesse non minori il suo prossimo articolo!
Mi farà poi sapere se ha centrato il bersaglio. A presto e grazie.