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Lo scartoccio: è Ottobre, tempo di presepe

Lo “scartoccio” è il rito di togliere i pastori dalla loro custodia e dai loro imballaggi, per collocarli sul presepe, che, secondo la tradizione, deve essere pronto alla fine di novembre. Se si allestisce il presepe da capo, i pastori devono essere approntati per tempo, perché servano da unità di misura nella costruzione dello “scoglio”.

Il mese di ottobre è il momento più adatto per pensare a come costruire il tuo presepe, a meno che tu non ne abbia uno già confezionato, che hai messo a riposare nel ripostiglio, alla fine delle scorse vacanze natalizie.

In questo caso, puoi attendere la fine del mese di novembre, per riportare alla luce lo “scoglio” e dare inizio all’importantissimo rito dello “scartoccio”.

Questo dello “scartoccio” è un momento delicato e coinvolgente: lo descrive molto bene anche Don Gennaro Matino, nel libro di cui ho raccontato qui. Consiste nel togliere dal ripostiglio la cassetta o la scatola in cui i “pastori”, quando si tolse il presepe, furono conservati, accuratamente avvolti in carta di giornale, fasciati quasi come mummie, perché non potessero danneggiarsi.

Il gesto di togliere i “pastori” dal presepe, di avvolgerli nella carta e di metterli “a dormire” nella loro scatola avvenne, come sempre, con un po’ di tristezza.

Ora, nel rito dello “scartoccio”, è con un misto di allegrezza e di ansia che le dita delicatamente svolgono le “bende” di carta per ridestare dal sonno i “pastori” perché di nuovo partecipino alla meravigliosa “commedia umana” del presepe: è un’operazione che compi con gesti accorti, quasi trattenendo il respiro, per il timore che qualcuno di essi possa essersi rotto e non avere più la propria integrità.

Togliere i personaggi dal loro involucro è come rivedere dei vecchi amici, dopo una lunga assenza: li riconosci, uno per uno, ti viene il batticuore, se ti sembra che qualcuno manca all’appello.

Se poi in casa ci sono dei bambini, sicuramente ognuno dei tuoi “pastori” ha un nome che essi gli hanno dato e che lo individua per sempre: Maria, Pietro, Gennaro …

Oh! che guaio! a Giovanni si è spezzato un braccio: occorre cercare bene nella carta, perché forse il braccio è lì e si può ancora incollare. Infatti, un pastore, non lo si getta via soltanto perché è rotto: finché si può, esso va riparato, proprio come medicheresti una piccola ferita ad un amico.

Il fascino del pastore interamente in terracotta è anche in questa sua fragilità, che così bene rispecchia la nostra stessa fragilità di uomini: ce ne prendiamo cura, non solo per ragioni economiche, per non doverne cioè comprare un altro, ma perché, dopo anni che quel personaggio prende parte al nostro presepe, ormai gli vogliamo bene.

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“tarallaro” in attesa di essere riparato

Il rito dello “scartoccio” avviene verso la fine di novembre, se si vuole che, secondo la tradizione, il presepe sia pronto per il ventinove del mese, quando inizia la “novena” dell’Immacolata. Un tempo, era il giorno in cui gli zampognari scendevano dalle loro case sui monti del Molise e venivano a suonare le loro struggenti melodie per le vie e nelle case della città: era consuetudine (in qualche caso dura ancora) che essi intonassero il loro canto davanti al presepe, in cui la mangiatoia era ancora vuota.

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Zampognari – da “Usi e costumi di Napoli e contorni” di Francesco De Bourcard – vol. I, Napoli 1857

Ma se non hai un presepe conservato e devi costruirlo da capo, questo “rito” devi anticiparlo al mese di ottobre, perché hai bisogno di avere a portata di occhio e di mano le tue statuine, innanzitutto perché siano giuste le misure e le proporzioni. Molto spesso, quando non si è proceduto con la necessaria accortezza, ci si accorge all’ultimo minuto che il San Giuseppe è troppo alto rispetto alla grotta e che va a sbattere la testa contro il soffitto, che il carro del Ciccibacco è troppo largo e lungo per entrare nella gola montuosa, che non c’è spazio sufficiente per la cavalcata dei Re Magi e che i banchettanti non trovano posto nell’osteria.

Può anche accadere, come è capitato a qualche mio amico che ha costruito il presepe affidandosi alla memoria per il rapporto scenario/pastori, che alla fine non si sappia dove collocare il pescatore e il cacciatore, perché non si è pensato a preparare loro il posto adatto.

Ecco allora il primo consiglio che ti do per costruire il tuo presepe, se non ne hai già uno: prendi i pastori che possiedi e che vuoi collocare sullo scenario, disponili su un tavolo accanto a quello su cui lavori e tienili costantemente d’occhio. Prendine ora uno, ora un altro e in base a quelli regola altezza larghezza e profondità della grotta, l’ampiezza delle vie, la profondità delle caverne, la distanza fra le pareti delle gole montuose e così via. Se intagli degli scalini, fa’ attenzione a che questi non siano più stretti della base dei pastori.

Soprattutto, prepara con cura il posto per ogni personaggio: scegli dove vuoi collocare il cacciatore, il pescatore, la zingara e fa’ in modo che essi vi si trovino con naturalezza.

Ricordati che, in fase di costruzione, le misure tendono a restringersi per l’accumularsi dei materiali: quella che ti era sembrato una piazza abbastanza larga finisce per ridursi a uno spazio molto ristretto.

Infine, tieni presente che un po’ di ingenuità sul presepe non guasta mai e che se qualche rapporto fra le parti non è del tutto esatto non è il caso di drammatizzare: in fondo, non sei necessariamente un ingegnere e l’arte popolare risponde più al criterio della “migliore Visibilità” che alle leggi della matematica.

Hai già la tua serie di personaggi del presepe? Oppure devi procurartene una? E, se non possiedi un presepe, conservato in qualche luogo della casa, sei pronto per la meravigliosa avventura che è la costruzione di un presepe?

7 commenti

  1. Ieri sera con Francesco, dopo aver recuperato dalla cantina i “vecchi amici”, gli ho letto quest’articolo ed è stato emozionante anche perché, con molta pazienza e con tanto di “medicazione”, abbiamo dovuto incollare alcuni pastori in terracotta: così fragili, ma anche così belli.
    Ciao
    Mariano e Francesco

    • Il fascino del pastore di terracotta è proprio questo, come scriverò in seguito (quando potrò, perché gli argomenti sono tanti che dovrei scrivere un articolo al giorno: troppo per me e per la pazienza dei lettori). Ciao, Francesco. E scusatemi il ritardo nella risposta.

  2. Leggere questo articolo mi ha riportato indietro nel tempo,quando da bambina giocavo con le statuine del presepe e, mi divertivo a dar loro dei nomi e a farle camminare lungo il sentiero.Tra le mie statuine quella a cui sono più affezionata è “il bambinello”che, pur essendo tutto rattoppato, non può mancare. La ringrazio nuovamente per avermi fatto rivivere quei momenti.

  3. Professore buongiorno. Da quando ho iniziato a leggere le sue pagine sento il Natale un poco ogni giorno, per tutto l’anno. Grazie. Ammiro molto la sua metodologia olistica che riconduce ogni cosa al Presepe, facendone una filosofia di vita. Purtroppo dove sono io in Liguria, la tradizione del Presepe non è sentita come a Napoli, ciononostante il Presepe è una delle cose che più amo fare. Mi è piaciuto molto dove dice che i pastori sono come dei vecchi amici, si gioisce quando li si ritrova e si è tristi quando li si saluta, se si rompono li si aggiusta, si cerca di dare spazio a tutti e non si concepisce l’idea di buttarli via o sostituirli solo per averne di più belli e di più nuovi. A questo proposito le vorrei raccontare la mia esperienza nel presepe di quest’anno. Ho comperato una nuova busta di pastori in plastica e ahimè mi sono accorto che c’erano tantissimi doppioni di quelli che avevo già, anche personaggi che tradizionalmente devono essere unici come il Pescatore. Non volendo escludere nessuno di loro mi sono ingegnato per trovare una soluzione che fosse anche appagante dal punto di vista estetico. Il fatto che fossero in plastica, materiale sicuramente meno nobile della terracotta ma molto più semplice su cui intervenire, mi ha permesso di convertire le loro pose tagliando e incollando le loro articolazioni, trasformandoli tutti in personaggi unici. Infine ho dipinto con colori diversi i loro vestiti, operazione che mi ha anche permesso di mascherare i punti dove avevo tagliato la plastica. Così ad esempio il secondo pescatore si è ritrovato un remo in mano ed è stato posizionato su una barchetta nel fiume, trasformandosi in un barcaiolo; il pizzaiolo in più, tolto il cappello da cuoco e modificata la posa di braccia e gambe, l’ho seduto sulla panca dell’osteria e la pizza che reggeva l’ho accostata al volto come se stesse per dare un morso. Con questa procedura ho modificato una decina di pezzi, ridando loro l’unicità e l’importanza che meritano. C’era anche una cassetta con dei cocomeri che avevo fatto un anno precedente per il “cocomeraro”, ma non mi soddisfaceva perché non avevo rispettato adeguatamente le proporzioni e risultava troppo grande, ma mi dispiaceva buttarla o non usarla, così continuavo a metterla cercando di mascherare i suoi difetti. Quest’anno però ho trovato la soluzione aggiungendovi delle ruote ai lati e dei lunghi manici e trasformandola in un carretto a mano, adesso le proporzioni sono ottimali. Mi scuso se ho scritto molto ma questo argomento e in generale il Presepe mi entusiasma molto. Grazie ancora di tutto caro professore.

    • Caro Francesco, grazie della sua comunicazione. Una delle frasi più citate del mio Il sogno di Benino è appunto quella che “un napoletano, quando non fa il presepe, sogna di farlo”: e vedo che anche in Liguria, non solo a Napoli, può accadere che si viva tutto l’anno in compagnia del presepe. E sono orgoglioso che, a quanto mi scrive, questo è un po’ anche merito delle mie pagine. Per noi che ad esse lavoriamo non c’è migliore ricompensa. In quanto alle sue operazioni per modificare l’aspetto di figurine uguali, non so se se n’è accorto, in fondo lei opera in sintonia con la tradizione dei pastori di terracotta: infatti, dallo stesso stampo escono delle figure che poi sono modificate mediante l’aggiunta di braccia in attitudine diversa, di oggetti diversi e la diversa coloritura. Le faccio dunque i miei complimenti e, se compie qualche altra operazione di carattere tecnico, me ne renda partecipe. E, se può, mi invii qualche foto dei suoi lavori, in modo da renderne partecipi anche gli altri lettori delle mie pagine.

      • Avevo fatto alcune foto prima di riporre il Presepe che sarei felice di condividere anche se i miei lavori non sono belli quanto quelli trattati in questo sito. Non ho trovato modo di allegarle tramite commento quindi le ho inviate qualche giorno fa all’indirizzo info@facciamoilpresepe.it se non fosse l’indirizzo adatto le chiedo di segnalarmi quello giusto. Grazie della risposta. Un caro saluto.

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