Le ragioni del presepe

Le ragioni del presepe sono già state da me esposte numerose volte. Ne offro qualche altra, perché, con l’avvicinarsi del Natale, imperversa la questione che è diventata un vero tormento per gli Italiani, soprattutto per quelli che hanno i figli in età scolare: presepe sì, o presepe no, nelle scuole di uno Stato laico?

Prima di esporre, ancora una volta, le ragioni del presepe, voglio chiarire subito un punto: non credo affatto che la questione sia sollevata da persone di altra fede, dal momento che non si vede come potrebbe offendere la sensibilità religiosa di un musulmano o di un buddista la rappresentazione della Nascita di Gesù Cristo:  musulmani o buddisti vanno, infatti, a visitare la Cappella Sistina, senza riceverne alcuna scossa nervosa. Al più, una guida musulmana indicherà la Cappella come il massimo esempio del “politeismo cattolico”, ma, a parte questo fraintendimento, non mi pare che qualche musulmano dai Musei Vaticani sia mai uscito in preda a crisi epilettiche, “offeso nella sua fede” dall’arte di Michelangelo.

La questione è sollevata invece da rappresentanti della cultura occidentale, magari appartenenti a quelle stesse correnti che nei decenni passati spingevano a sorvolare sullo studio della Divina Commedia di Dante, solo perché informata alla fede cristiana.

Si tratta allora di una particolare forma di intolleranza, che, per farsi accettare, non trova di meglio che camuffarsi sotto le vesti di una  tolleranza di segno ambiguo. Così come, in nome della “tolleranza”, si tolse da Notre Dame in Parigi la statua della Vergine e sull’altare si collocò il simulacro della Dea Ragione, nel cui nome s’innalzò nelle piazze l’infame strumento della ghigliottina, esso stesso inventato a scopi “umanitari”.

Le Nazioni egemoni di questa Europa, che è unita solo quando si tratta di salvare le banche bancarottare, hanno imposto il principio che l’Europa ha le sue radici nella Rivoluzione francese e in altri consimili episodi.

Ebbene, si tratta di un’altra falsificazione della storia: le radici dell’Europa sono nella razionalità greca, nel diritto romano e, infine, nella predicazione cristiana, la quale, lo si voglia o no, ha segnato l’unica vera rivoluzione che la storia conosca.

Questo sostenne il nostro Benedetto Croce e non valgono a confutarlo i balbettii storici di qualche logico matematico o di qualche giornalista alla moda, i quali farebbero bene, prima di salire su una cattedra che non gli appartiene, a studiare coscienziosamente un buon manuale di storia.

E vorremmo anche che la nobilissima tradizione del presepe non diventasse il campo di battaglia per opposte fazioni politiche; vorremmo, in altre parole, che i politici ci risparmiassero, per rispetto al grande Sant’Alfonso,  la sceneggiata del “Tu scendi dalle stelle”, cantato in piazza, e s’impegnassero invece a contrastare efficacemente la fabbricazione e il commercio di armi;  così, come, sull’opposto versante, il ministro della difesa potrebbe evitarsi l’ipocrisia, che è un’offesa alla sensibilità e all’intelligenza degli Italiani, di dire che “l’Italia non vende armi, ma solo delle componenti”:  come se un fucile potesse sparare senza l’otturatore o il grilletto.

Il presepe parla di pace: il cantico napoletano di Sant’Alfonso, Quanne nascette Ninno a Betlemme, presenta pacificati addirittura il lupo e l’agnello, il capretto e il leopardo. Davanti alla mangiatoia in cui è adagiato il Bimbo Divino si presentano ad adorarLo i più poveri e disprezzati tra le categorie sociali, i pastori, ma anche i Re e Sapienti, che vengono dall’Oriente. A un certo punto della tradizione, intorno al Quattrocento, si vollero diversificare i tre Re Magi: un vecchio, un giovane, un moro. Tutte le età e tutte le razze, tutti i discendenti di Sem, Cam e Japhet.

Il presepe è arte e cultura, momento “sapienziale” che non può offendere chi abbia un’altra fede, un’altra religione. Può offendere solo chi abbia la fede assoluta in una “ragione” disincarnata e disumanizzata, che incapace di riconosce i propri limiti è incapace anche, e di conseguenza, di comprendere le “ragioni” profonde della storia e dell’arte.

Noi, invece, ci commoviamo dinanzi al presepe, dalla cui consuetudine ricaviamo speranza e forza per l’avvenire.

Ci soffermiamo di fronte ai presepi di Lello Lepre, barbiere, o meglio “missionario di pulizia e di civiltà” (come dice un grande Peppino De Filippo ad uno spocchioso Totò nel film Totò, Peppino e i fuorilegge): nella sua bottega a via Foria, in Napoli, nel periodo natalizio espone i suoi bellissimi presepi ricavati con industriosità e inventiva dalle radici di alberi.

Qui ne puoi vedere alcuni, nelle foto di Ciro Sacco, il giovane collaboratore di Lello:

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E rifletto che il presepe, una delle “radici” della nostra civiltà, non poteva trovare alloggio più significativo che in una “radice”. Bravo, Lello, continua così.

Sono particolamente grato a Mariano Sorrentino, che mi ha inviato le foto del presepe che ha realizzato quest’anno, impegnandosi a costruirlo in forma circolare, come la “montagna del Purgatorio di Dante”, prendendo spunto dal mio articolo su questo argomento, che puoi leggere qui.

 

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Questo presepe a me suggerisce la forma di un vecchio palazzo in un popolare quartiere di Napoli, con in cima una terrazza su cui una coppia sta pranzando. Mariano ha preferito porre la Natività a un piano superiore, invece che in basso, per suggerire un movimento ascensionale. Naturalmente, ha curato anche la parte posteriore.

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Come ho detto qualche volta, la tradizione del presepe ha di piacevole anche questo aspetto “comunitario”: i “presepisti” si tengono l’un l’altro d’occhio, pronti a cogliere l’idea originale, lo spunto fecondo. In gergo tecnico, si dice “rubare l’idea”. Da un mio articolo, Mariano ha “rubato” un’idea che mi sta molto a cuore: la cappelluccia accanto alla taverna, segno della Redenzione che a nessuno è negata, purché la si voglia: il volto della Madre di Dio è incorniciato dalla cappella di fronte alla quale i viandanti si fermano riverenti, quasi a ricordarLe ciò che le dice Sant’Alfonso: “pensa ca pure sì fatta mamma de li piccature”…

 

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Grazie, Mariano, per questi “furterelli”, che stanno a testimoniare che non scrivo inutilmente.

Ma ancor più mi commuove il presepe che il giovanissimo Francesco ha voluto fare con il sughero, tutto da solo. Avevo la sua età, quando costrui il mio primo presepe con l’aiuto dell’amico Ernesto. La volta della grotta è molto naturale e il Bambino Gesù sembra trovarcisi a suo agio. Anche le statuine della Madonna e del San Giuseppe sono state scelte bene: sono belle nella loro semplicità e il loro atteggiamento è molto naturale. Il festoncino alla base simboleggia la luce che da Betlemme si diffonde nel mondo.

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Bravo anche tu, Francesco. Spero che, crescendo, non abbandonerai l’arte del presepe, ma che l’approfondirai sempre di più. Perché mi sembra proprio che le ragioni del presepe tu le abbia comprese molto bene.

E chissà che, di fronte a un presepe semplice come questo, i signori politici non sappiano deporre le loro beghe pre-elettorali per impegnare davvero le loro forze nel costruire la pace nel mondo.

Ecco, ancora, le ragioni del presepe: il Bimbo nella mangiatoia sembra ammonire: “Beati i costruttori di pace, perché di essi è il Regno dei Cieli“.

 

 

 

 

8 commenti

  1. Bravo Italo hai fatto un proselitismo di umana qualità. Mi piace anche l’ordine con cui si sono avvicendati i presepi e i loro autori, poiché dà testimonianza che il “bambino” genera sempre.
    Auguri a tutti i frequentatori del sito, compreso il “patron”

    • Caro Giuseppe, grazie. Il parere di un filosofo e storico di razza, qual tu sei, mi conforta nelle mie argomentazioni. Per chi non lo sapesse, il prof. Giuseppe Balido è un profondo conoscitore della logica formale e del pensiero di Sant’Agostino. I suoi testi in questi campi del sapere sono negli scaffali delle biblioteche di tutto il mondo.

  2. E’ stata una sorpresa meravigliosa nel vedere le foto dei nostri presepi pubblicate sul sito e Francesco è felicissimo e ti ringrazia di cuore.
    Sono anche molto contento che sei tornato sull’annosa questione del presepe nelle scuole: i soliti tromboni che aprono bocca e gli danno fiato… basta, scusami per lo sfogo, ma hanno rotto l’anima con i medesimi discorsi triti e ritriti e all’occorrenza rigurgitati.

    • Sono io che ringrazio voi per la pazienza che avete di leggermi, ma, non solo, anche di mettere in pratica le mie modeste proposte “presepiali”. Il discorso sulle radici dell’Europa è appena iniziato.

  3. Guido Di Lorenzo

    Un articolo coraggioso, che non si piega alle mode pseudoculturali e sfida sul terreno storico i burattinai. Naturalmente il discorso sulle radici storiche dell’Europa rimane aperto, ma è importante e l’articolo lo sottolinea, la tolleranza.

    • Caro Guido, il mio articolo non fa che riecheggiare i nostri discorsi ed è un omaggio anche ai numerosi spunti che tu stesso mi hai offerto. Il discorso sulle radici dell’Europa è appena accennato, naturalmente, perché mi premeva poi mostrare nel concreto il rovescio della medaglia, l’amore per il presepe. Ma quello del Cristianesimo che raccoglie e spinge verso l’alto l’eredità greca e romana, fondando l’Europa sulla carità, è per me un punto fermo. Da questo dobbiamo partire. Di fronte al libretto, storicamente insulso, di Bertrand Russel, Perché non sono cristiano, si erge il libro, piccolo nella mole, ma denso nel significato, di Benedetto Croce, Perché non possiamo non dirci cristiani. E Croce, a differenza di Russel, che avrebbe fatto meglio a restare nel campo della logica matematica, la storia la conosceva bene.

  4. Totò ok professo ma si è’ stat necessaria na rivoluzion francese che ripete e cose ca a chiese s’era scordate
    Uguaglianz fratellanza libertà’, scarcagnifica ca a chiesta, invec da libertà accireva chi nun diceva gnorri’, nun ce scordammo l’inquisizione e civiltà american distrutt a nom e dio, accir a mamma e papà tant me cunfess e cancell tutto cos. A verità vene prim e tutt cos, a virita’ e dio.
    D’into o purgatorio c’è stanno paricchi cardinal monsignor. E qualc prufessor

    P.s.grazie a Maria Teresa di Calcutta e c.

    • Antò, sì sempe ‘o benvenuto, pure si nu capisce niente. Forse sarrà pe’ mazzate ‘ncape che te reve quanne eramo criature. Ccà, nuje stamme parlanno d’e radici, haie capito, ‘e radici da cevertà nostra e nno de’ schifezze e fetenzie ch’hanno fatte l’uommene, cristiane, musulmane e comuniste. Libertà, uguaglianza, fraternità, per la prima volta nella storia le hanno affermate i Cristiani e, per confermarle, davano il proprio sangue: ‘o sanghe loro, Antò, e’ capite, e nno chille e’ ll’aute. E hanno fatte, si t’o ssì scurdate, ‘e spitale e l’aute opere ‘e carità: l’Europa la conosce bene la libertà, la fraternità, la uguaglianza predicata dai francesi: i lunghi carriaggi che portavano a Parigi le opere d’arte depredate e che hanno arricchito il Louvre. E te sì scurdate pure ca rivoluzzione ha fatto venì fore a chille scurnacchiate ‘e Napulione, c’ha fatto accirere nu sacco ‘e gente… Forse dovresti ripensare al mezzo milione partiti dietro quel folle per la campagna di Russia e tornati in poco più di ventimila.
      Ca pape e cardinale e prufessore stanno nun sulo a ‘o priatorio, ma pure dinto all’inferno, ‘o ssapeva ggià Dante Alichiero, ma nce stanno pure chille comme a te. Pirciò, Antò, piensace bbuono, primma ‘e scrivere, si nno, s’allonga a pena toia dint’o priatorio.
      Pirciò, Antò, va te cocca e nu scuccià!!!

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