La ritualità del presepe tradizionale considera anche le date per riporlo, in attesa di rimontarlo per il prossimo Natale. Le date coincidono con le festività di Santi “vecchi”.
Al termine delle festività natalizie il cultore del presepe tradizionale compie l’operazione inversa allo “scartoccio”, di cui ho parlato qui, riponendo le sue amate statuette. Operazione delicata, che va compiuta con molta attenzione, avvolgendo i “pastori” prima in carta morbida (sono molto utili i tovaglioli di carta), quindi in carta di giornale, avendo cura di riempire i “vuoti” creati dalla posizione di braccia e gambe.
Come lo “scartoccio” fu allegro e pieno d’entusiasmo, così l’operazione di riporre il presepe avviene con un po’ di tristezza, perché si mettono “a dormire” dei cari amici: per fortuna, ci consola il pensiero che li rivedremo questo stesso anno, quando allestiremo il presepe, sempre nuovo, anche quando è vecchio.
Ho parlato, genericamente, di “termine delle festività natalizie”: per essere più preciso, ti dirò che le date per togliere il presepe tradizionale sono queste:
– sei gennaio, Epifania del Signore, che si manifesta come Dio, come Uomo e come Re: è questo che afferma il simbolismo dei tre doni offerti dai Re Magi: incenso, mirra, oro
– diciassette gennaio, festa di Sant’Antonio Abate, in onore del quale a Napoli e in altre località si accendono (o si accendevano) dei fuochi, con roba vecchia; qualcuno pone sul fuoco di sant’Antonio il vecchio presepe
– due febbraio, festa della Purificazione della Vergine Maria, che si presentò al Tempio, secondo la Legge, con il Bambino: il vecchio Simeone innalzò il suo inno di ringraziamento per avere visto, al termine della sua vita, il Salvatore del suo popolo e rese a Maria la celebre profezia
– tre febbraio, festa di San Biagio: vescovo e martire, rappresentato come un vecchio dalla barba bianca, nel momento in cui salva un ragazzo che sta per essere soffocato da una spina di pesce che gli si è fermata in gola
Come si vede, sono tutte ricorrenze che onorano dei Santi “vecchi”, così come in prossimità del Natale si onorarono dei Santi “giovani” (Santo Stefano, i SS. Innocenti, San Giovanni Evangelista).
Non sono fatti casuali: il Cristianesimo, soppiantando le ormai logore religioni pagane, non ha abolito le antiche festività della natura, in cui si ritualizzava il passaggio dall’anno vecchio all’anno nuovo e il risvegliarsi delle potenze generatrici della natura stessa dopo il letargo dei mesi invernali, ma ha dato loro un diverso significato, trasponendo la lotta tra il bene e il male dal piano fisico (bene è ciò che dà la vita, cioè il calore del sole primaverile, male ciò che alla vita si oppone, cioè il gelo del tempo invernale) al piano dello spirito, in cui bene e male sono concepiti in una dimensione etica (bene è ciò che è utile a tutti, male ciò che utile al singolo, dannoso alla collettività).
In particolare, il mese di febbraio era, presso gli antichi Greci e Romani, posto sotto il segno di una particolare cautela: le forze primaverili stanno per risvegliarsi, ma il gelo è ancora in agguato: era allora posta in atto tutta una serie di rituali per scongiurare i pericoli connessi sia alla nascita della vegetazione novella, sia alla contaminazione per il ritorno delle anime dei trapassati le quali, all’aprirsi del grembo della terra, lasciavano la loro dimora sotterranea e venivano a visitare le regioni dei vivi: il mese di febbraio (februarius, in latino) prende il nome dai riti di “purificazione” (lat. februum) necessari a preservare i vivi da questo ritorno, che contaminava, ma che era anche necessario per garantire la fecondità delle donne e della terra stessa.
Questo complesso di significati trova espressione sul presepe popolare napoletano nella triade costituita dal cacciatore, dal pescatore e dalla lavandaia; si tratta di tre personaggi che, come ho scritto qui, non possono mancare su un presepe tradizionale. La figura della lavandaia, in particolare, è interessante: essa appare nelle scene della Natività come “levatrice”: lavandaia e “levatrice” hanno un evidente significato di “purificazione”.
Ma il Santo “vecchio” più interessante è senza dubbio San Giuseppe, padre di Gesù, secondo lo spirito, anche se non secondo la carne; egli rappresenta anche il “vecchio”, che custodisce “il giovane” da cui sarà sostituito.
Anche qui si può notare il progresso morale costituito dal Cristianesimo: nel mito dell’antichità pagana, nella coppia costituita dal vecchio e dal giovane si istituisce una lotta che sfocia nella violenza: Edipo uccide suo padre Laio e si sostituisce a lui come sposo di Giocasta e re di Tebe. Si tratta del mito da cui Freud ha denominato il “complesso di Edipo”.
Sul presepe, la triade vecchio-giovane-donna costituisce la Sacra Famiglia, in cui il vecchio si fa custode del giovane, perché questi si salvi e possa compiere la sua missione di salvezza.
In questo risiede il significato della fuga in Egitto, che talvolta, sul presepe tradizionale, è anch’essa rappresentata.
Ma ognuno dei personaggi di cui ho parlato merita una trattazione a parte, così come ognuna delle storie di cui ho potuto dare solo un cenno.
Per adesso, intanto, ti lascio con una domanda: hai mai pensato a quante storie e quanti significati si celano nella semplice struttura e nelle umili statuette del presepe tradizionale?
Hai ragione, caro Italo, è molto triste riporre le statuine e il presepe, ma tu quando lo riponi? E poi a Natale ti accingi a costruirne sempre uno nuovo o capita anche a te di modificarlo, perché ti accorgi che è venuto bene e non ti va di disfartene?
Ciao
Mariano
Il presepe cerco di tenerlo il più a lungo possibile, perciò la data preferita è il 3 febbraio, quasi un “termine ultimo”. Ma qualche volta non mi decidevo a toglierlo neanche per quella data: un anno l’ho mantenuto fino al sabato precedente la Domenica delle Palme: e se mia madre non avesse minacciato di provvedere a smantellarlo lei, credo che la Domenica di Pasqua sarebbe stato ancora lì. Il presepe cercavo di farlo ogni anno da capo, per variare il paesaggio, ma ora devo contentarmi di una grotticella di sughero, che ho fatto nel 2009 e che da allora metto in funzione ogni anno. Grazie di avermi scritto.
Caro Professore,
leggendo l’articolo, proprio lì dove fate cenno alla fuga in Egitto, mi è venuto in mente la bellissima tela del Caravaggio conservata alla Galleria Doria Pamphilj a Roma.
Che meraviglia…e che poesia!
Tutto sembra avvolto in un misterioso silenzio notturno, proprio in quell’ora in cui le membra si abbandonano a un dolce e carezzevole sonno, nella solennità della Natura e al sibilo del vento tra le foglie…
La Vergine, stanca per la lunga traversata, dorme e abbraccia Suo Figlio raccogliendone il calore per la lunga notte, mentre San Giuseppe, infreddolito (vedi come cerca di riscaldarsi i piedi ponendoli uno sull’altro!), lascia che il violino dell’Angelo suoni una dolce melodia che si sperde nel vento e nel silenzio della notte…
La luce di una lanterna posta a sinistra malinconicamente illumina la scena. Che silenzio…che pace!
“…Dormi, dormi
fai la nanna, mio Gesù…”
Buona notte, Professore!
Ne parleremo, della “Fuga” del Caravaggio, quando faremo l’articolo specifico sulla “Fuga in Egitto”. Grazie, comunque, perché ci partecipi le tue conoscenze e le tue emozioni.