Presepe francescano a Padova

Il presepe francescano a Padova, di cui parlo in questo articolo e che è più esatto chiamare “diorama”, è opera di due artisti che hanno voluto ricreare per la gioia dei nostri occhi, non solo quelli fisici, ma anche quelli dello spirito, lo “stupore” del Natale, che san Francesco fece provare ai pastori e ai contadini dell’Umbria e del quale ha recentemente parlato anche papa Francesco.

Come ho scritto nell’articolo Francesco d’Assisi e la tradizione del presepe, il grande Santo dell’umiltà e della povertà, esaltato da Dante nell’XI canto del Paradiso, non fu l’inventore del “presepe” così come noi lo intendiamo, cioè come la rappresentazione della nascita di Gesù, mediante statuette inserite in quello che con termine tecnico si chiama “lo scoglio” e che è la scenografia con cui gli appassionati “presepisti” sbizzarriscono la fantasia e sviluppano le loro capacità tecniche, mentre, nel contempo, riflettono sul più grande “mistero” della storia, l’Incarnazione del Verbo, che alla storia conferisce quel senso che altrimenti sfuggirebbe.

In realtà, il fraticello di Assisi fece qualcosa di diverso: volle che nella sacratissima notte la Messa, che è essa stessa la rinascita di Cristo sulla mensa dell’altare, fosse celebrata in un luogo quanto più simile possibile alla povera stalla di Betlemme, dove la coppia Maria-Giuseppe si rifugiò, non avendo trovato posto nell’albergo: non erat ei locus in diversorio, dice l’evangelista Luca. Sistemazione che, certo, dovette stringere il cuore di Maria, per dovere far nascere suo Figlio, che sapeva Figlio dell’Altissimo, su un po’ di fieno: un significativo dipinto, collocato in una cappella del Maschio Angioino (Castelnuovo) di Napoli, e che ho descritto in Natale è… la fragilità di un Bimbo Divino, raffigura il momento in cui i due varcano la soglia della stalla, con una leggera titubanza da parte di Maria: ma pure, come ha detto “sì” all’annuncio di Gabriele, che tanto le sarebbe costato come ho scritto in un recente articolo, così Ella dice “sì” a questa nuova prova di umiltà e di amore per la povertà.

Se non teniamo presenti queste e simili considerazioni, forse non comprenderemo appieno la scelta di Francesco: far nascere Cristo sulla mensa dell’altare, approntato nella povertà di una stalla, alla presenza dei più umili e disprezzati componenti della società, pastori e contadini, chiamati alla celebrazione oltre che dal dolce suono delle campane anche dalla voce, irresistibile nel suo tono pacato, del Santo.

In questa maniera, Francesco, premiato nella sua fede dal prodigio della comparsa del Bimbo Divino nella greppia, ricreava quello “stupore del Natale”, descritto dal Vangelo di Luca e che recentemente papa Francesco ha rievocato: stupore necessario, essenziale per viverlo cristianamente e non ridurlo a festa dei sensi, come era diventata l’originaria festa del Sole, che la celebrazione cristiana sostituì. “Stupore” che rischiava di andare smarrito finanche nelle fin troppo fastose cerimonie papali nella basilica vaticana.

Ecco perché, sebbene Francesco non sia il reale “inventore” del presepe, la cui origine storica è invece da attribuirsi a un altro santo, il napoletano di adozione Gaetano, non possiamo pensare il presepe senza rivolgere il pensiero al santo d’Assisi e immedesimarci nel suo spirito.

Questo bellissimo momento in cui tra i monti dolcissimi dell’Umbria la voce di Francesco fece risuonare il mistero dell’incarnazione del Verbo dinanzi a pastori e contadini, gli umili lavoratori che sono il sale della terra, è stato di recente rappresentato da due artisti padovani, Nicolò Celegato e Mauro Marcato, in un diorama intitolato in modo “semplice e diretto” (come scrivono i due autori stessi nella presentazione della loro opera) Greccio 1223. Il diorama era la prima opera che accoglieva il visitatore all’inizio di una Mostra intitolata “Il Presepio, dall’origine ai nostri giorni” e organizzata, in occasione del Natale 2019, dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova

 

Presepe francescano. Nicolò Celegato e Mauro Marcato: Greccio 1223. Veduta di insieme.

Tra le “ragioni del presepe” che vado di volta in volta scoprendo c’è anche quella che tra gli appassionati del presepe si stabilisce una corrente di simpatia, con un desiderio di “copiarsi” e di trasmettersi informazioni che unisce gli animi da nord a sud e da sud a nord del nostro paese. Un amico di Foggia, Michele Clima, anche lui insigne cultore del presepe, mi ha fatto conoscere l’opera dei due artisti padovani, che ora qui ti presento, sperando che essa ti aiuti a ricreare in te, ove mai tu ne avessi smarrito la capacità, lo “stupore” del Natale, aiutato in questo anche dalla stupefatta ammirazione per l’abilità tecnica che non si limita ad essere semplicemente tale ma che è la materia sensibile di una profondità di pensiero e di sentimento.

 

Presepe francescano. Nicolò Celegato e Mauro Marcato: Greccio 1223. Altra veduta di insieme con luce diversa.

Nel diorama è rievocato il momento in cui, mentre il sacerdote eleva al di sopra della mangiatoia la materia del pane e del vino, divenuti Corpo e Sangue di Cristo, nella mangiatoia stessa si rende visibile al Santo estasiato e a pochissimi fedeli privilegiati, il Bimbo Divino, secondo il racconto che dell’avvenimento fece l’agiografo Tommaso da Celano.

I pastori accorrono alla Messa di Francesco. Notevole la “verità” dei costumi e del paesaggio umbro, con la cittadina sui fianchi del monte. La realizzazione delle finissime statuette in terracotta da parte di Mauro e della scenografia da parte di Nicolò si rivela frutto di una attenta e  accurata ricerca storica, sottesa da un amore sconfinato per l’opera che si va costruendo, non solo come prova di abilità tecnico-artistica, ma come volontà di rendersi testimoni del Cristo nel nostro tempo.

 

Presepe francescano. Nicolò Celegato e Mauro Marcato: Greccio 1223.

Allora, i due artisti fanno intervenire alla “Messa di Greccio” anche i due santi francescani Antonio di Padova e Padre Leopoldo Mandic. Il primo è un santo popolarissimo in Italia ed è uno di quei santi cui fu concesso dalla Divina Provvidenza di potere tenere in braccio il Bambino Gesù. Infatti l’iconografia di sant’Antonio di Padova non lo raffigura (quasi) mai senza il Bambinello che gli accarezza il giovanile volto. Leopoldo Mandic, vissuto tra Ottocento e Novecento, di origine croata, visse a lungo nel convento francescano di Padova e fu riconosciuto da papa Paolo VI come un precursore di quello che fu poi chiamato “l’ecumenismo spirituale”. Dichiarato “Beato” dallo stesso Paolo VI, fu canonizzato infine da Giovanni Paolo II.

Presepe francescano. Nicolò Celegato e Mauro Marcato: Greccio 1223. Il Bambino Gesù appare nella mangiatoia approntata da Francesco. Sono presenti i santi francescani Antonio di Padova e Leopoldo Mandic.

Alle spalle dei due santi francescani, un pastore è colto da “stupore” alla vista della scena. Egli ci appare il corrispettivo della figura detta “il pastore della meraviglia” nei presepi meridionali. Ti raccomando, o lettore, di soffermarti anche sui particolari: il muretto su cui è poggiata la lanterna a olio di foggia antica, la legna accatastata per il fuoco, il francescano in alto che tira la corda della campana per annunziare la nascita del Salvatore. Tutti aspetti di quella “verità” che non devi mancare di ammirare.

 

Presepe francescano. Nicolò Celegato e Mauro Marcato: Greccio 1223.

Bellissimo è il volto estasiato di Francesco, illuminato dalla luce che riverbera dal Bimbo Divino e accarezzato lievemente sulla spalla dalla bianca colomba in cui agli occhi umani si manifesta lo Spirito Santo. In questa maniera, al mistero dell’Incarnazione si affianca l’altro grande mistero, quello Trinitario che fece battere il cuore di Dante e ispirò tutta la poesia della Divina Commedia, così come fa battere il cuore di ogni credente.

 

Presepe francescano. Nicolò Celegato e Mauro Marcato: Greccio 1223. Il Bambino Gesù appare nella mangiatoia approntata da Francesco. Il sacerdote innalza il pane e il vino, diventati Corpo e Sangue di Cristo, al di sopra della mangiatoia.

Si notino, in primo piano, il bue e l’asino, la cui presenza, non attestata dai Vangeli canonici, fa parte sia della tradizione artistica, fin dai primi secoli cristiani, sia della tradizione presepiale, quale si venne in seguito costituendo. Francesco nella stalla volle che vi fossero realmente un bue e un asino, per ricreare appieno l’ambiente e l’atmosfera in cui nacque il Salvatore.

Presepe francescano. Nicolò Celegato e Mauro Marcato: Greccio 1223.

Voglio concludere con questo bellissimo scorcio del paesaggio umbro illuminato a giorno da un meraviglioso plenilunio, sperando che questo articolo e soprattutto la tua riflessione, la tua meditazione sulle splendide immagini ti aiutino a risvegliare in te, ove fosse sopito, lo “stupore del Natale”. E mai come questa volta mi sento di concludere parafrasando dei versi di Paul Valery, “dipende da te che io parli o taccia”, che io sia per te “tomba o tesoro”: perciò, “non entrare senza desiderio”.

BUON NATALE

 

 

Un Commento

  1. È sempre una grande gioia leggerti, caro Italo! Sei riuscito con le parole a portarci dentro quel diorama soffermandoti, come più volte mi hai raccomandato, sui “particolari” che sicuramente nascono da una abilità tecnica sorprendente, però raccontano ben altro come giustamente evidenzi.

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