Ho definito “il presepe della misericordia” quello che sta preparando un mio amico romano, incentrato su una bella e originale “Natività” di Ulderico Pinfildi.
Di tanto in tanto vado a Roma e, tra un museo e l’altro, non manco mai di fare una visita a un amico che, come me, ha la passione del presepe e che, proprio come me, è convinto che al presepe si deve pensare tutto l’anno e non solo nel periodo pre-natalizio.
Ogni volta che ci incontriamo, ci scambiamo le nostre novità, in fatto di libri, di musei e soprattutto di presepi, comunicandoci le idee e le invenzioni che poi, senza alcuno scrupolo, ci copiamo l’un l’altro.
Come ho spesso ricordato, uno dei piaceri di fare il presepe consiste anche nel continuo scambio di idee per far sì che l’originalità conviva con il rispetto della tradizione. E, cosa che non avviene in altri campi, la “vittima”, per così dire, del “plagio”, o del “furto”, non solo non se ne dispiace, ma ne è addirittura felice ed orgoglioso.
Così, anche quest’anno, ad agosto, trovandomi a Roma, sono andato a fare visita all’amico, curioso, tra l’altro, di sapere quali novità mi presentasse quest’anno in fatto di presepe.
E l’ho trovato, come gli altri anni, intento a preparare fin da adesso il presepe che, secondo la tradizione, deve essere pronto per il ventinove di novembre, anche se ormai gli zampognari non girano più di casa in casa per il canto della Novena in onore dell’Immacolata.
Il mio amico, però, a differenza di me, che sono devoto ai piccoli “pastori” in terracotta, è appassionato di “pastori vestiti”, quelli che ripetono le tecniche e i modelli del presepe del Settecento. Se li procura a Napoli, presso le botteghe artigiane di San Gregorio Armeno e ne ha messo insieme una discreta raccolta, con molti pezzi davvero belli e interessanti.
Assieme.
foto I. Sarcone
La novità di quest’anno è rappresentata da una “Natività”, acquistata presso il maestro Ulderico Pinfildi. A parte la maestria tecnica, il gruppo presenta un elemento di assoluta novità concettuale nella composizione: il “Mistero” (cioè il complesso costituito da Gesù, Giuseppe e Maria, con i due animali e gli Zampognari) è completato dalla figura di un mendicante disteso ai piedi dei tre Sacri Personaggi. Si tratta, naturalmente, di una di quelle figure presepiali, che nel Settecento erano definite “Accademie” (celebri quelle di Giuseppe Sanmartino) e di cui ho già parlato qui.
Natività e mendicante.
Ma la consumata abilità tecnica è qui al servizio di una idea nuova: l’attenzione dei Sacri Personaggi sembra completamente rivolta al mendicante che prova a sollevarsi, tendendo la mano destra, che viene così a toccare la mano della Vergine Maria che si protende verso di lui, con un gesto di materna sollecitudine.
Il “gesto”
L’amico, nell’acquistare questo pregevole gruppo, ha pensato al celebre gesto nell’affresco di Michelangelo nella Sistina: l’infusione dello spirito in Adamo da parte di Dio, attraverso il dito divino che tocca appena quello dell’uomo. Non so che dire. Forse il Maestro Pinfildi ha consapevolmente voluto riproporre il gesto michelangiolesco, oppure gli è venuto spontaneo salendo dalle profondità dello spirito, nel quale esso era sedimentato.
La creazione di Adamo. Cappella Sistina.
Da Wikipedia
Nell’un caso come nell’altro, il gruppo è non solo bello, ma eccezionalmente significativo, riproponendo Maria come la Mater Misericordiae di una lunga tradizione cristiana.
Dettaglio con la “infusione dello spirito”.
Da Wikipedia
Vale il caso di ricordare che il napoletano Alfonso Maria de’ Liguori, nel canto natalizio “Quanno nascette Ninno a Betlemme“, rivolge alla Vergine questa bella preghiera:
pensa ca pure – sì ffatta mamma de li piccature…
E giustamente, il mio amico, cristiano non in superficie, ma nel profondo, oltre che appassionato di presepe, ha collocato i Re Magi in basso, poiché la Carità viene prima di ogni sapienza, di ogni potenza, di ogni ricchezza.
In basso a destra è visibile il gruppo dei tre Re Magi
Questa volta sono stato io a chiedergli se, nel predisporre questa disposizione, non avesse forse pensato al “Cantico della Vergine”, riportato dall’evangelista Luca e conosciuto generalmente con il titolo di “Magnificat“.
Se non lo conosci te lo propongo qui, in una mia traduzione italiana e nel testo latino liturgico:
L’anima mia dichiara la grandezza del Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mia salvezza:
poiché ha rivolto lo sguardo alla pochezza della sua serva: ecco che d’ora in poi tutte le epoche mi diranno beata;
poiché grandi cose ha fatto per me Colui che è potente: e il suo nome è “Santo”.
E la sua misericordia di generazione in generazione, per quanti hanno il “timor di Dio”.
Ha riservato al suo braccio la potenza: disperde i superbi, nell’orgoglio dei loro pensieri.
Depone i potenti dal loro scanno ed eleva chi stava in basso.
Gli affamati, li sazia dei suoi beni: i ricchi, li rimanda a mani vuote.
Accolse Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia.
In conformità a ciò che disse ai nostri padri, ad Abramo per primo, e alla sua discendenza nei secoli.
Da Wikipedia
Magnificat anima mea Dominum
et exultavit spiritus meus
in Deo salutari meoquia respexit humilitatem ancillae suae,
ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generationesquia fecit mihi magna, qui potens est:
et Sanctum nomen eiuset misericordia eius a progenie in progenies
timentibus eum.Fecit potentiam in brachio suo,
dispersit superbos mente cordis sui,deposuit potentes de sede,
et exaltavit humiles;esurientes implevit bonis,
et divites dimisit inanes.Suscepit Israel, puerum suum,
recordatus misericordiae suae,sicut locutus est ad patres nostros,
Abraham et semini eius in saecula.
Il giorno dopo, ripensando a quello che, l’amico ed io, abbiamo deciso di chiamare “il presepe della misericordia”, ho fatto ritorno a Napoli: e riflettevo sulla totale mancanza di “misericordia” di questa nostra epoca affannata e superficiale.
Un esempio lo offrono le nostre stesse istituzioni. Da tempo ho constatato l’inospitalità della stazione di Roma: lunghe spianate senza una panchina per il viandante stanco. Naturalmente, perché c’era il pericolo che vi si sdraiassero i barboni. E i barboni vanno tenuti lontano dallo sguardo: la società dei ben pensanti non si adopera perché non ci siano più i barboni, ma perché i barboni non offendano la vista. Ricordo quando le stazioni erano più a dimensione d’uomo e i poveri si aggiravano tra i viaggiatori a chiedere il tributo dell’umana pietà.
Sulla carità e sulla misericordia fu edificata la civiltà europea. La mancanza di carità e di misericordia la sta distruggendo.
Non nascondo neanche la mia insofferenza per quelle trasmissioni televisive che cercano di attirare consensi elettorali, al grido di “prima gli italiani”, a rischio di creare un’atmosfera di xenofobia e di suscitare vere e proprie “guerre fra i poveri”.
Ma l’altro fronte che cosa mostra? Si può davvero credere alla disinteressata preoccupazione verso gli immigrati da parte di quella stessa classe politica che, senza pensarci due volte e sia pure con qualche celebre lacrima coccodrillesca, ha provocato il problema degli “esodati”?
All’una e all’altra parte in campo, in errore l’una e l’altra, vorremmo ricordare che “prima l’uomo” è il motto di cui deve farsi portatrice una civiltà che voglia essere degna di questo nome.
Invitiamo gli esponenti dell’una e dell’altra parte a “fare il presepe”, ma non in senso polemico o di rivendicazione nazionalistica, ma per riflettere sul dato imprescindibile che “l’uomo”, qualunque sia il colore della sua pelle, il suo credo religioso, la sua condizione sociale, è una realtà preziosa al punto che Dio ha voluto rivestire la carne umana.
Questo è ciò che il presepe ci ricorda.
1994
Ogni presepe avrà allora senso e significato solo se sarà, a proprio modo, “il presepe della misericordia”. Perché la misericordia non è più solo un valore religioso, ma ormai anche (e papa Francesco, in sintonia con il nome che si è scelto, non manca di ricordarlo ripetutamente) il più alto valore civile che una società possa porre al cuore del proprio ordinamento.
Ma di questo riparleremo, se troverai interessante questo discorso.
Una lettura della scena del maestro Pinfildi profonda da parte dell’amico Italo. La carità è un valore fondante del patto sociale, del bene comune e questo scritto ce lo ricorda con la forza della semplicità.
La scena del maestro Pinfildi è davvero bella e ispira la riflessione. In ogni caso, non ho finito certo qui.
Ho scritto poche righe a commento dell’articolo, che riflettendo merita maggiore attenzione. Il Presepe viene definito come la sacra rappresentazione della nascita di Gesù, i personaggi e le scene canoniche si ritrovano nei vangeli apocrifi. Il presepe napoletano del 700, detto borghese o colto, viene arricchito con scene di vita quotidiana cittadina e campestre, personaggi del regno, personaggi di paesi stranieri esotici che avevano colpito l’immaginario popolare. Il Presepe della Misericordia, come lo ha definito Italo, si caratterizza per la scena della Natività con il mendicante, con un linguaggio che ci ricorda un valore fondante della nostra cultura e delle nostre radici. L’articolo è un invito esplicito agli artigiani e agli artisti del presepe di un salto creativo con scene che siano opere dei valori dell’uomo. “Ogni presepe avrà allora senso e significato solo se sarà, a proprio modo, “il presepe della misericordia”
Quando iniziai a scrivere sul presepe, non sapevo ancora di quanti e quali spunti di riflessione esso potesse essere punto di partenza. E tu vai oltre, indicando, sulla scorta delle mie povere parole, una meta agli artigiani del presepe. Grazie a te e agli altri amici che mi seguono, dopo tante pagine scritte sul presepe, mi avvedo ora di essere solo all’inizio. Mi vien quasi voglia di brindare ai miei “primi settant’anni”.
Ciao caro Italo,
complimenti per l’articolo e per una traduzione, finalmente comprensibile, del Magnificat.
Mariano
Diciamo che non ho fatto nulla di eccezionale. Una buona traduzione è il minimo che ci si possa aspettare, da chi ha insegnato, per una vita, latino e greco. E in ogni caso, grazie.
Un passaggio della delicata riflessione di Italo che riguarda il sentimento della pietà e dell’aiuto verso il prossimo, ormai latitante nel nostro vissuto quotidiano, mi ha fatto pensare alla straordinaria potenza del Presepe, la cui rappresentazione simbolica di un apparente immobile micro mondo penetra nelle nostre coscienze con una forza critica a cui si sottrae cinicamente il cosiddetto mondo reale. Un grazie di cuore al nostro Italo Sarcone, vigile e puntuale custode di preziose conoscenze che sparpaglia da buon seminatore ai suoi affezionati lettori.
Giuseppe
Grazie, Giuseppe, non solo del puntuale commento, ma anche del suggerimento del rapporto microcosmo-macrocosmo riguardo al presepe, suggerimento che mi affretterò a cogliere e a sviluppare in qualche prossimo articolo.