Il presepe del Cilento è quello che, ad Albanella, una cittadina in provincia di Salerno, un esperto artigiano del legno, Arturo Quaglia, ha costruito, con pietre, legno e mattoncini, sulla facciata della propria abitazione. Abbiamo “scoperto” questo presepe tutto particolare in una delle nostre scorribande cilentane.
Ho spesso scritto, su queste pagine, che ogni vero appassionato del presepe non si lascia sfuggire alcuna occasione per conoscere quanti più documenti è possibile di questa che è una delle più belle espressioni sia della fede sia dell’arte.
Ogni passeggiata, ogni viaggio, una semplice “gita fuori porta”, può diventare un “pellegrinaggio presepiale“, se non si guarda superficialmente, ma si hanno gli occhi attenti a cogliere ogni minimo indizio della presenza di un presepe e si sanno raccogliere notizie dalle più diverse fonti. Te ne ho già dato alcuni esempi e qualche volta si è trattato della scoperta di un vero e proprio capolavoro, come il presepe di Sant’Agata dei Goti, realizzato da Giuseppe Ercolano.
Questa estate è stata la volta di quello che si può definire “presepe del Cilento“.
Il Cilento è, secondo me, una delle zone più belle d’Italia, nella quale sembrano venirsi vicendevolmente incontro terra mare e cielo. Non per nulla, dove il monte Stella sembra gettarsi nel mare con Punta Licosa, la leggenda individuò il luogo dove le onde deposero il corpo della Sirena Leucosia.
La leggenda delle tre Sirene, le sorelle Partenope, Leucosia e Ligeia, è stata narrata innumerevoli volte e io stesso non ho potuto fare a meno di richiamartela qualche tempo fa.
Mito, storia, religione, cultura pervadono questa terra, queste coste e questi monti, sulle cui falde domina l’ulivo, “signore del Cilento”.
Palinuro, il nocchiero di Enea, ha dato il nome al celebre promontorio, Capo Palinuro.
Le strade di Velia, la greca Elea, furono percorse dal filosofo Parmenide, che, con il suo assioma “l’essere è e non potrebbe non essere; il non-essere non è e non potrebbe essere” e con l’altro, su cui ancora filosofi e filologi si distillano la mente, “essere e pensare sono una cosa sola”, diede inizio alla metafisica occidentale.
A Vallo della Lucania, una lapide posta sul muro esterno della chiesa di Santa Maria delle Grazie perpetua il ricordo dei martiri delle rivolte antiborboniche. Questa bella cittadina è legata a Napoli dalle memorie religiose di due santi medici: il patrono S. Pantaleone, nella ricorrenza della sua festività, “opera” il prodigio della liquefazione del sangue, come S. Gennaro, patrono della città Partenopea; nel suo ospedale, poi, lavorò il giovane Giuseppe Moscati, le cui orme vedremmo volentieri seguite dai cultori della scienza di Esculapio.
Una delle vette più alte del Cilento, il Monte Sacro, o Gelbison, sede di un santuario della Vergine Maria, con il suo doppio nome conserva traccia dei conflitti tra cristiani e saraceni: Gelbison è, infatti, parola araba che vuol dire “monte dell’idolo”.
Il momento artistico più alto è tuttavia costituito dalla piana dei templi di Paestum.
Come avrai intuito, il Cilento è meta frequente delle mie scorribande, accompagnato (meglio sarebbe dire “portato”, perché è lui che guida l’automobile) da mio nipote Luca. A queste scorribande ho dedicato un capitolo del libro Dèi ed eroi della Campania antica, con il titolo, appunto, di “Passeggiate cilentane”.
Questa estate, dunque, attraversavamo una bella cittadina alle soglie del Cilento, Albanella, posta a circa trecentocinquanta metri sul livello del mare, in una posizione piacevole, perché ha alle spalle i monti Alburni e davanti la piana del Sele. Il monte Calpazio, su cui sorge il santuario della Madonna del Granato, divide la collina su cui sorge Albanella dalla piana dei templi di Paestum.
Nell’attraversare in auto questa cittadina, dunque, il mio occhio è colpito da qualcosa che mi dà l’impressione di un presepe. Luca, naturalmente, è intento alla guida: quando gli dico di fermare, perché credo di avere visto un presepe, non può evitare di prendermi in giro, per la mia mania che mi fa vedere presepi dappertutto.
Tuttavia ferma, scendiamo dall’auto e, a piedi, torniamo un po’ indietro. E qui Luca deve ricredersi sulle mie supposte traveggole: perché lungo la parete di una abitazione, aprendosi sulla pubblica via, dove mai avremmo supposto potesse esserci un presepe, se ne svolge uno in piena regola. Siamo naturalmente eccitatissimi per questa scoperta. Tutto ci saremmo aspettati di trovare, nel nostro vagabondare cilentano, tranne che un presepe da fare invidia a quelli napoletani. Avevamo, sì, incontrato il presepe a grandezza naturale del monte Calpazio ed altri piccoli presepi ospitati in grotticelle e piccole edicole, tuttavia, mai qualcosa del genere.
Dal balcone soprastante, un signore ci guarda: gli domando se è lui l’autore e, avuta risposta affermativa, gli chiedo il permesso di fotografare il presepe. Non solo mi accorda il permesso, ma scende in strada e si presenta.
Il signor Arturo Quaglia è un presepista particolare: ciò che cattura immediatamente l’attenzione è la scelta dei materiali: non il sughero o la cartapesta, ma la pietra e il legno rivestito di mattoncini, ricavati pazientemente sminuzzando mattoni più grandi. Costruito con questi materiali, il presepe è in grado di sfidare le intemperie e i danni del tempo.
Mentre fotografavo, mi accorgevo di riconoscere, nella accurata rappresentazione del signor Arturo, la presenza di luoghi che avevo imparato a conoscere nella mia lunga frequentazione del Cilento: ecco lì il santuario di Santa Sofia, con la sua facciata dall’atrio a tre arcate.
Anche il campanile è ben riconoscibile nella sua aderenza alla realtà.
Ecco poi i templi della piana di Paestum, che sono uno degli esempi più puri dell’architettura sacra greca, come appaiono nel presepe di Arturo Quaglia e come si presentano alla vista del viaggiatore.
Più su, appare una chiesetta, come ne abbiamo incontrate tante nelle nostre scorribande sui monti cilentani.
In questo particolare si vede bene come le pietre che il signor Arturo ha scelto per il suo presepe rendono a meraviglia la struttura geologica del Cilento, così come ci è dato osservarla sulle cime montane. Ti propongo ancora un confronto.
La Natività è accolta in una grotta che si apre nella viva roccia. Al di sopra, si può vedere in una casa, una scena di banchettanti.
Naturalmente non può mancare il ponte: ho dimenticato di chiedere al signor Arturo se esso è un omaggio al “ponte Barizzo” che scavalca il fiume Sele quasi alla foce, un po’ prima di Capaccio Scalo.
Una nota di tristezza ci vela il piacere della scoperta, quando veniamo a sapere che il signor Arturo non è un “presepista” della prima ora, ma lo è divenuto in seguito a una tragedia familiare, la perdita di un nipotino di quattro mesi. Per lui, per questo innocente rapito alla famiglia appena affacciatosi alla vita, Arturo ha costruito questo bel presepe: “Se fosse cresciuto, certamente gli avrei fatto il presepe: e allora ho pensato di farlo lo stesso”, ci ha confidato il bravo artigiano.
Il disvalore più assoluto, qual è la morte, trapassa nel valore della memoria, grazie all’arte. Per il cristiano, grazie anche, e soprattutto, alla fede.
Ma, anche quando non è fede positiva, cioè fede in una religione o in delle credenze ben definite, il presepe esprime sempre la fede nella vita come valore, nella possibilità di un futuro migliore: chi fa il presepe potrebbe dire, ripetendo una frase di Ippolito Nievo, all’inizio delle Confessioni di un Italiano, “la vita fu da me sperimentata un bene”.
Ma di questo dovrò ancora scrivere, soprattutto se mi darai l’apporto del tuo parere.
Se il nostro amato Professore dice di aver visto un presepe… Complimenti, carissimo Italo, un articolo bellissimo e commovente!
Mariano
Grazie, Mariano. Se dalla penisola sorrentina passi alla costiera amalfitana e poi ti fai un giro per il Cilento, ti suggerisco di andare a visitare questo presepe: ne vale la pena, perché le fotografie rendono poco: si perde buona parte del fascino. E per Silvio che fa l’archeologo un giro sarebbe quasi obbligatorio. Saluti a tutta la famiglia.
Prufesso’ ma comme fai ma comme fai
Comunque grazie!
Forse anche i tuoi presepi mi hanno fatto capire che la chiesa ha fatto tanti sbagli ma ha portato un grande messaggio d’amore grazie a questo bambino che nasce e che mi richiama alla sua casa, io misero a aiutarlo a far capire che la vita non è buio e paura ma luce e gioia se siamo insieme, ci sara’anche lui.
Anonimo ma non tanto
Ma comme faccio, ma comme faccio… tengo l’uocchie apierte, Antò, e cerco e nun fa’ crescere e’ felinie ‘ntuorno e’ cerevelle. In quanto alla “chiesa” e ai suoi sbagli, Antò, continui a fare il solito vecchio errore, che da te non mi aspetterei: confondere la Chiesa, che sono tutti i credenti in Cristo, con la gerarchia, che è fatta di uomini. E gli uomini, poiché sono dotati di libero arbitrio, possono scegliere la strada di Dio o quella di Mammona. Il che non riguarda solo i papi e i cardinali, ma anche i politici: non tutti somigliano ad Alcide De Gasperi, morto povero e grande, così come D’Alema non è Togliatti e Renzi con la sinistra non ha niente a che vedere. Ma a te piacciono sia D’Alema sia Renzi, eppure ti professi di sinistra. O sbaglio? E ppo’, tutte quante avimmo ‘a rennere cunto a Ddio ‘e chillo ch’avimmo fatto. Piriciò, Antò, fatte nu bello esame e’ cuscienzia, primma ‘e pensà a li sbagli de’ ll’aute…