A Sant’Agata dei Goti, nella provincia di Benevento, lo zelo di un parroco e la capacità di un artista hanno creato un presepe ispirato al canto natalizio di S. Alfonso Mario de’ Liguori, Quanne nascette Ninno a Betlemme. Guido ed io siamo andati a visitarlo.
Un nuvoloso pomeriggio della scorsa settimana, ricevo una telefonata di Guido. Sono le tre del pomeriggio. L’amico mi chiede se sono disposto ad una “passeggiata” a Sant’Agata dei Goti, per andare a visitare il presepe alfonsiano allogato nel Duomo. Partenza alle quattro.
Naturalmente accetto senza alcuna esitazione. Dinanzi ad una passeggiata non mi tiro mai indietro. Sant’Agata dei Goti, poi, fa parte della mia esperienza di cultura e di vita.
Non posso fare a meno di notare, comunque, e glielo dico, che Guido ha un particolare talento nello scegliere, per le nostre “passeggiate campane”, le giornate più fredde e ventose dell’anno. A Benevento, come ad Avellino ed Atripalda, raccogliemmo tutti gli sbuffi di vento che provenivano dalle gole montane circostanti e ci godemmo la pioggia che generosamente il cielo nevoso riversava sul nostro capo. Ma tant’è. La conoscenza, come ho detto più volte, non è premio dell’inerte pigrizia, ma del solerte andare.
Guido mette in funzione il “navigatore”, dal quale una suadente e carezzevole voce femminile indica il cammino: “Prosegui diritto, poi, a duecento metri, svolta a destra”. “Svolta a sinistra e prosegui diritto…” e così per buon tratto.
Ma, ad un bel momento, mentre calano le ombre della sera e tutt’intorno a noi si fa buio, la voce gentile sembra impappinarsi e cominciare a dare i proverbiali numeri: “A novanta metri svolta a destra”, “A novanta metri svolta a sinistra”: tuttavia non ci sono strade né a destra, né a sinistra, né a novanta metri, né più avanti. A un tratto ci invita a tornare indietro, cosa che rischia di mandarci in tilt.
Infine ci risolviamo per il sistema più sicuro, perché ben più antico della moderna “diavoleria” che è il navigatore: mettiamo a tacere la gentile “signorina” e ci rivolgiamo a gente del luogo, che cortesemente ci mette sulla giusta via.
A Sant’Agata fa freddo, ma non c’è gelo, anche se non manca il vento. Fortunatamente, la pioggia si limita a poche gocce, così che possiamo tranquillamente camminare alla volta del Duomo, nell’aria ormai della sera.
Sant’Agata dei Goti l’ho visitata spesso, ai raggi del trionfante sole estivo, alla ricerca delle testimonianze dell’antica Saticula, con cui quasi sicuramente si identifica l’odierna cittadina.
Nella parete della cattedrale, un’epigrafe, di fronte alla quale mi sono ogni volta soffermato, dichiara la devozione dei dedicanti a Giulio Cesare Ottaviano, non ancora Augusto, ma triunviro per il ristabilimento dello Stato.
L’iscrizione dice: C(aio) Iulio C(ai) F(ilio) Caesari, Imp(eratori), triumviro R(ei) P(ublicae) c(onstituendae), d(ono) d(ederunt)
Cioè: “a Gaio Giulio Cesare, figlio di Gaio, acclamato vincitore, triunviro per la salvezza dello Stato, diedero in dono …” non sappiamo chi, probabilmente gli abitanti dell’antica Saticula.
E doveva essere una città molto ricca, se alcuni dei suoi facoltosi abitanti si facevano venire dei bellissimi vasi dipinti del celebre pittore Assteas, dalla (per quei tempi) lontana Paestum: qualcuno di questi vasi, tratti dal sottosuolo in scavi clandestini e venduti all’estero, sono stati poi recuperati dallo zelo del nucleo artistico dei Carabinieri e, restituiti all’Italia, collocati nel museo di Paestum, l’antica Poseidonia. Tra questi il vaso su cui è dipinto il mito del rapimento di Europa da parte di Zeus, trasformatosi, per l’occasione, in toro.
Ma stavolta non siamo venuti alla ricerca di memorie storiche ed archeologiche o di bellezze paesaggistiche. Naturalmente non possiamo fare a meno di sostare per un po’, davanti al meraviglioso burrato (che puoi vedere nella foto di apertura tratta da Wikipedia), nel quale le costruzioni umane e l’opera della natura si fondono a costituire un’unica spettacolare parete, così da dare vita ad visione da togliere il fiato.
Sant’Agata dei Goti fu sede episcopale di Sant’Alfonso, che, prima di essere un grande Santo, fu un grand’uomo.
Alla sua memoria sono molto legato, per una serie di fatti personali: entrambi i miei due nonni, il paterno e il materno, ebbero nome Alfonso. Poi, Sant’Alfonso fu battezzato al fonte battesimale di quella che fu (ed è tutt’ora) la mia Parrocchia, Santa Maria dei Vergini. Presso quel fonte, restaurato dal Parroco della mia gioventù, don Igino Pinto, ricevettero il battesimo mio nipote Alberto e mio nipote Luca. Non credo che sono ragioni da poco.
Inoltre, a me, insegnante per un’intera vita, è sempre piaciuto lo zelo didattico, che spingeva Sant’Alfonso a comporre, una goccia (ma quanto importante) nella sua vastissima opera che lo fece nominare Dottore della Chiesa, dei Brevi avvertimenti di grammatica e aritmetica, che qui ti presento in una moderna edizione. Non voleva un clero ignorante ad evangelizzare la gente.
Questa volta, dunque, grazie all’entusiastica intraprendenza di Guido, siamo a Sant’Agata per visitare un’opera che a Sant’Alfonso direttamente si ricollega: il presepe che il Parroco del Duomo ha fatto eseguire da Giuseppe Ercolano la cui opera hai, su queste mie pagine, imparato a conoscere ed apprezzare.
Il presepe è stato costruito seguendo passo passo il cantico natalizio di Sant’Alfonso, Quanne nascette Ninno a Betlemme.
Il Parroco stesso ha pubblicato un opuscoletto in cui spiega i motivi che lo hanno guidato nel seguire l’ispirazione alfonsiana per il presepe.
Il Duomo, a quest’ora, sarebbe “tecnicamente” chiuso, ma due persone, che devono provare dei canti per le sacre funzioni, ci permettono l’ingresso e, con estrema gentilezza, accendono le luci nella cappella del presepe, perché possiamo ammirarcelo a nostro piacimento. Qui ti mostriamo uno sguardo d’insieme dal libretto del Parroco, riservandoci di mostrarti e commentare puntualmente, con il riscontro dei versi di Sant’Alfonso, questo interessante presepe, in una prossima occasione.
Restiamo davanti ad esso, scambiandoci le nostre impresssioni, passandolo in rassegna scena per scena, personaggio per personaggio, pietruzza per pietruzza, per un’ora buona. Eppure, i particolari sono tanti e di tanta varietà, che non possiamo raccoglierli tutti. Un po’ a malincuore, ci allontaniamo, promettendoci di ritornare, anche perché abbiamo preso, con questa prima visita, un impegno anche nei tuoi confronti: di farti conoscere meglio quest’opera che possiamo dire eccezionale …
Si è fatta, nel frattempo, ora di cena: Guido ricorda una trattoria dove è possibile rinfrancare lo spirito anche con una buona pizza. Mentre ci godiamo la pizza e del vino locale (un Aglianico del Beneventano), la padrona, una simpatica e socievole signora, si intrattiene un po’ con noi in piacevole conversazione; durante la quale, mi càpita di esprimere, ancora una volta, la mia indignazione perché è stata soppressa la cattedra episcopale che fu di Sant’Alfonso. Così, discutendo, la signora ci confida di avere seguito studi classici e di essere laureata in “Teologia pastorale”.
A te potrebbe sembrare che la cosa non abbia in sé nulla di eccezionale. A noi, invece, ha fatto molto piacere. Ricordo che Chatwin, in un suo romanzo, mi sembra quello con il titolo brevissimo di Utz, afferma che Praga è l’unica città al mondo in cui potete trovare un tassista impegnato a scrivere un trattato sulla Ragion Pratica di Kant. Aveva torto: dappertutto è possibile incontrare persone che studiano per il piacere di conoscere e non per il valore pratico del titolo di studio. Per Guido e per me, da anni impegnati a difendere e promuovere tra i giovani il senso della cultura come fine a se stessa, non piegata a scopi pratici, si è trattato di una conferma di non poco conto.
Ti do appuntamento su queste pagine per una lettura puntuale del “presepe alfonsiano” di Sant’Agata dei Goti”.
E ad un simile appuntamento non si può mancare per una descrizione “minuziosa” dell’opera del maestro Giuseppe Ercolano.
Bene, Mariano. Con Guido, cercheremo di prendere contatto con il Parroco di Sant’Agata, il quale ha avuto questa bella ispirazione del presepe alfonsiano, e potrai sapere di più. Ma Sant’Agata varrebbe la pena di un bel viaggetto.