La tradizione conosce una serie di personaggi presepiali ben definita, ma consente anche l’introduzione di nuovi personaggi, la cui storia ha impressionato l’immaginario collettivo. Ma a precise condizioni.
Dopo avere letto gli articoli sul “brigante” e sulla “monaca Mafalda“, un amico ha chiesto di incontrarmi per parlarmi di alcune perplessità che la lettura gli aveva suscitate circa questi particolari personaggi presepiali di cui avevo scritto.
Per quanto io abbia insistito, non ha voluto esprimere le sue obiezioni in un commento, per una forma di delicatezza e di riguardo nei miei confronti.
Apprezzo la sua gentilezza, tuttavia credo che sia giusto rendere partecipi i miei lettori dei dubbi dell’amico, perché le sue obiezioni possono stimolare una serie di interessanti riflessioni sul significato della tradizione del presepe.
Mi faceva dunque rilevare l’amico che, con la mia capacità affabulatrice e la mia abilità nello stabilire collegamenti (sono parole sue!), rintracciando i fili che tengono insieme varie forme culturali, stavo forse conducendo un’operazione alquanto pericolosa per la tradizione presepiale stessa, perché, con il mio metodo, tutto poteva rientrare nel presepe: questo, però, correva il rischio di perdere la propria specificità. E, del resto, non avevo io stesso teorizzato quali personaggi fossero, per così dire, canonici sul presepe? In questa maniera, non rischiavo, invece, di dilatare all’infinito la rappresentazione presepiale?
L’obiezione non era da poco e mi obbligava a fare chiarezza, innanzitutto con me stesso.
Zingara e Ciccibacco.
Presepe Sarcone 1982
Il primo punto da sottolineare è che, quando ho teorizzato i personaggi canonici e la loro valenza simbolica, mi sono costantemente riferito alla tradizione del presepe popolare napoletano, quello cioè che gli artigiani di San Gregorio Armeno preparavano con poco dispendio di tempo e di mezzi e che poi, una volta allestito e completato, faceva bella mostra di sé nel punto più in vista della casa. I personaggi, i cosiddetti “pastori”, erano relativamente pochi, sia per l’esiguità dello spazio, sia per la povertà dei mezzi economici. Basta pensare che il presepe trovava comodamente posto sul buffet o sul comò. Tuttavia, queste caratteristiche, apparentemente limitanti, si erano trasformate in un pregio: avevano infatti permesso al presepe popolare di acquisire una forte pregnanza simbolica, cosa che non sarebbe stata altrimenti possibile.
Pescatore e acquafrescaia.
Presepe Sarcone 1994
Osteria con avventore.
Presepe Sarcone 1995
Riprendo dei concetti già esposti, ma a volte vale la pena di ripetersi.
L’esiguità dello spazio concentra l’attenzione sulla visione d’insieme, così che diventa evidente il senso del cammino e del viaggio sotteso alla rappresentazione presepiale.
Il numero relativamente piccolo dei personaggi permette di cogliere i rapporti di un personaggio con gli altri e con l’intera struttura.
Fu per questa ragione che, nell’allestire il presepe protagonista del “videocorso“, limitai la presenza dei “pastori” ai personaggi che avevo definito irrinunciabili già nel Sogno di Benino del 1989, e che ora puoi trovare qui.
Si vedono i personaggi presepiali fondamentali della tradizione napoletana.
Foto di Italo Sarcone.
Naturalmente, al di fuori di questa disamina restava quello che avevo definito “presepe colto” e che può essere esemplificato nel presepe Cuciniello del Museo di San Martino.
Ma restavano fuori delle mia analisi anche le varie tradizioni presepiali con i loro particolari usi e i loro particolari personaggi, dal momento che ogni regione, anzi ogni paese, ha un suo modo caratteristico di intendere e costruire il presepe.
Per esempio, tutt’altra struttura presenta il presepe polacco che ti ho presentato su queste stesse pagine.
Senza andare così lontano, il presepe pugliese presenta caratteristiche proprie sia per tecniche costruttive, sia per i materiali adoperati, sia per i personaggi obbligati.
Il personaggio Mafalda mi sembra dunque appartenere alla tradizione pugliese, ma non a quella napoletana, mentre a quest’ultima appartiene evidentemente il personaggio del brigante abruzzese Santuccio.
Ora, a me, in quanto cultore e modesto studioso della tradizione presepiale, non spetta il compito di giudicare quale personaggio abbia il diritto di essere collocato o meno sul presepe, ma di spiegare, fin dove è possibile e fin dove ne sono capace, i motivi che hanno indotto i “facitori di presepe” ad adottare questo o quel personaggio. Che è poi il compito di ogni ricerca antropologica.
E posso spiegare la presenza, sul presepe, di Mafalda, la monaca suicida, e di Santuccio, il brigante che terrorizzò l’Abruzzo, con la forza d’attrazione che il presepe stesso esercita: poiché, come ho spesso spiegato, la costruzione del presepe coinvolge l’intera personalità dell’uomo, sia nella sfera razionale sia in quella emotiva, è naturale che siano “attratte” sulla scena presepiale le storie che hanno lasciato una forte impressione nell’immaginario collettivo. Senza escludere altre motivazioni che in quegli articoli ipotizzavo. In questa maniera, nel corso dei secoli, la serie dei personaggi presepiali ha costantemente continuato ad arricchirsi.
Questo è accaduto però con una precisa riserva: il personaggio introdotto, diciamo anche “nuovo”, deve avere già lasciato questa vita, magari nel corso dell’anno. I motivi sono ormai chiari ai frequentatori di queste pagine. Non è dunque lecito collocare sul presepe personalità ancora viventi, a meno che non si immagini per loro quello che Dante immaginò per Branca Doria, apparentemente vivo sulla terra, in realtà già all’inferno nella sua anima immortale.
Per questa precisa ragione ho sempre considerato la recente abitudine degli artigiani di San Gregorio Armeno, di fare le statuine di personaggi contemporanei della politica e dello spettacolo, nient’altro che un puro gioco, adatto soltanto a solleticare la curiosità dei visitatori: vedendo la statuetta dell’amabile Silvio e del simpaticissimo Matteo, infatti, nessuno potrebbe augurare alle personalità rappresentate di avere ben presto diritto a diventare personaggi presepiali. Si desidera augurare loro, anzi, lunghissima vita, non fosse altro che per quella carità cristiana, in base alla quale si desidera che i peccatori vivano e si convertano: chi fa il presepe non può disgiungere la propria volontà da quella di Nostro Signore, che nella Notte Sacrata nacque secondo la carne per portare i peccati del mondo.
E con ciò spero di avere soddisfatto l’amico nelle sue obiezioni e di avere sollecitato le tue riflessioni. Poiché, devo dire anche questo, l’argomento sui personaggi presepiali è tutt’altro che chiuso.
Il tuo ragionamento non fa una piega e non capisco le perplessità del tuo amico: penso invece, caro Italo, che gli articoli pubblicati andrebbero letti con maggiore attenzione e obiettività.
Un saluto
Mariano
Caro Mariano, prima che potessi rispondere, l’amico, che è poi Guido di Lorenzo, ha provveduto lui stesso a presentarsi, come puoi vedere dai commenti. Guido ha ragione di porsi e pormi il problema,perché questo esiste, e, come dirò meglio in un prossimo articolo,non va sottovalutato.
Sono l’amico della discussione, la domanda posta è legittima dovuta ad una riflessione, dopo una lettura attenta degli articoli precedenti: la monaca Mafalda e il brigante. Ho espresso le mie perplessità all’amico italo. in modo sintetico: ci sono dei criteri di inclusione o di esclusione di personaggi o persone, o in modo meno radicale criteri di accettabilità? L’amico Italo con la sua l’onestà intellettuale ha colto l’occasione, il titolo dell’articolo ne è un’efficace sintesi. Condivido l’estraneità dei personaggi citati dal mondo presepiale, per mancanza assoluta di relazioni. Mi auguro che la discussione continui e sia ulteriormente approfondita
Hai ragione, Guido, di ritenere legittima la domanda. E di certo la discussione continuerà. Ho pronto il seguito. Ciao e grazie.
Nota i personaggi citati nel mio commento sono Silvio e Matteo
Su Silvio e Matteo la carità cristiana suggerisce semplicemente di pregare per loro … e altro non ci appulcro, direbbe il padre Dante…