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Natività: il presepe dalle origini ai giorni nostri

La raffigurazione della nascita di Gesù da parte degli artisti comincia già nei primi secoli cristiani. La tradizione del presepe si sviluppa per ispirazione del messaggio di san Francesco e si attualizza per opera di san Gaetano

La Natività, la nascita di Gesù, è per la Cristianità, l’evento centrale della Storia tanto che, ad un certo punto (precisamente nel VI secolo, ad opera del colto monaco Dionigi il Piccolo), si cominciò a contare gli anni, non più dalla fondazione di Roma (ab Urbe condita, come si diceva in latino), ma dalla Incarnazione di Cristo (anno Domini …, “nell’anno del Signore …”, anno ab Incarnatione … “nell’anno … dall’Incarnazione di Cristo” e così via).

È naturale, dunque, che fin dai primi secoli cristiani gli artisti iniziarono a rappresentare la Natività, tenendo presente il racconto che se ne legge nei Vangeli canonici di Luca e di Matteo, ma anche nei Vangeli Apocrifi.

La nascita di Gesù fu rappresentata soprattutto sui sarcofagi, con chiaro significato simbolico, volendo indicare che la morte è sì la fine della vita terrena, ma anche, e soprattutto, secondo la promessa di Cristo, l’inizio di una vita più vera, perché eterna, nei cieli. Sui sarcofagi si trova raffigurata anche l’adorazione da parte dei Magi, venuti dall’Oriente a portare i tre doni, l’oro, l’incenso e la mirra.

La scena con il Bimbo tra Maria e Giuseppe è raffigurata, con molta finezza, anche sulle gemme e sui cammei, come nel piccolo capolavoro di cui parlo qui, in cui sono presenti anche il bue e l’asinello: non manca neanche la stella cometa.

Anche se San Francesco non può essere considerato come “l’inventore” del presepe, così come noi lo intendiamo [ne ho parlato qui], dobbiamo però alla devozione francescana la diffusione dell’uso di rappresentare, nella notte di Natale, il Sacro Evento mediante statue, di varie dimensioni.

Le più antiche figure presepiali risalgono al Quattrocento.

A Napoli, nel Museo di San Martino sono conservate delle bellissime figure lignee, a grandezza quasi naturale, che provengono dalla chiesa di San Giovanni a Carbonara: la cosa singolare è che esse raffigurano, accanto ai consueti personaggi sacri, anche Profeti e Sibille, che la tradizione accomunava (le Sibille sono rappresentate anche nel pavimento del duomo di Siena, in quanto annunziatrici dei misteri della fede; le Sibille sono intervallate ai Profeti negli affreschi di Michelangelo nella Cappella Sistina).

Voglio richiamare l’attenzione su quest’ultimo particolare. Vediamo, infatti, già confluire nel presepe tradizioni culturali “pagane” accanto a quelle cristiane; non è un caso che questa prima raffigurazione presepiale si abbia proprio a Napoli dove era vivo il ricordo di Virgilio, profeta e mago.

In area meridionale, merita una particolare menzione il presepe del Duomo di Matera.

Per la città di Roma ricordo per il momento qui solo la preziosa statua del Bambino in legno d’ulivo e tempestata di gemme, veneratissima dal popolo romano nella chiesa dell’Aracoeli.

Una tappa fondamentale nella storia del presepe popolare è costituita, all’inizio del Cinquecento, dall’opera di San Gaetano Thiene, appartenente all’ordine religioso dei Teatini, ha la sede napoletana nella chiesa di San Paolo Maggiore, che il popolo chiama volgarmente “chiesa di San Gaetano”.

Questo Santo, per i Napoletani, riveste una particolare importanza: grazie al suo patrocinio, infatti, la popolazione scampò alla totale distruzione per la peste del 1656, tanto da essere elevato al rango di compatrono di Napoli accanto a San Gennaro. Il suo busto, che commemora la sua intercessione, fu collocato nella parte posteriore delle porte cittadine.

Per quanto riguarda il nostro argomento, fu lui che cominciò ad ampliare la rappresentazione presepiale mediante personaggi che appartenevano sia al mondo antico, sia all’epoca a lui contemporanea. San Gaetano non aveva alcun timore degli anacronismi: in questa maniera, anzi, egli dava vita a quella che sarebbe rimasta come una delle principali caratteristiche del presepe, cioè la sua atemporalità: è vero che Gesù è nato una volta per tutte in un momento preciso della Storia (Dionigi il Piccolo aveva stabilito, infatti, che era nato nell’anno 753 di Roma), ma Egli torna a nascere continuamente in mezzo a noi.

Di questo bel concetto ha approfittato soprattutto la tradizione napoletana, la quale “aggiorna” continuamente la rappresentazione presepiale, mediante l’inserzione di personaggi tratti dalla vita culturale e politica. Così, dai “pastorari” di San Gregorio Armeno (la popolare strada dei “pastori”) si ritrovano raffigurati l’attore Totò (Antonio de Curtis) e il drammaturgo Eduardo De Filippo che ha mostrato la napoletana passione per il presepe nel personaggio di Lucariello, nella commedia “Natale in casa Cupiello”.

Ma dai tempi dello scandalo di Tangentopoli, non mancano neanche i politici più celebri.

Confesso, tuttavia, che questo nuovo uso sembra improntato più al desiderio di stupire che non a quello di rendere più viva la tradizione del presepe, che tuttavia è ben lontano dall’avere concluso la propria storia.

Credo che il presepe ha molto ancora da dire e soprattutto da dare al nostro tempo e all’inquieta anima dell’uomo.

E tu, cosa ne pensi?

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