Un Manoscritto miniato, Messale o Breviario, mostra un capolettera in cui è inserita una bellissima scena del Natale. La rappresentazione è molto simile a quella che allestiamo noi, nelle nostre case, per la Notte Sacrata.
I miei periodici tentativi di alleggerire i cassetti di scrivania e armadi, gementi sotto il peso delle carte accumulatesi nel corso degli anni, sono sempre un momento di imbarazzo e di rammarico: che cosa destinare al cestino della carta da riciclare, che cosa, invece, conservare ancora? Non vi sono, in realtà, nei cassetti, carte inutili, ad ognuna essendo legato perlomeno un ricordo; disfarsene è perciò sempre un po’ doloroso, anche perché, se avevate conservato quel pezzo di carta, quel frammento di giornale, quella paginetta di quaderno con degli appunti presi con il lapis, vuol dire che essi avevano avuto per voi un significato: perciò, prima di gettarli via, li girate e rigirate fra le mani. E quando vi decidete, li strappate in pezzetti quanto più minuscoli possibile, per non essere indotti in tentazione di recuperali e di rimetterli al loro posto. L’impresa è, allora, lunga e laboriosa.
Talvolta, balza però fuori dal mucchio un frammento di “conoscenza dimenticata”, il cui recupero vi ricompensa della fatica e del dispiacere provato nel cestinare altri frammenti: è quello che accadde, per esempio, con i fogli di rotocalco contenenti articolo e immagini del presepe polacco di stagnola.
Questa volta è tornato alla luce un foglio con la riproduzione di un piccolo capolavoro: la pagina di un manoscritto miniato, di un Messale o un Breviario (potrebbe essere anche un “Libro d’Ore“) con la lettera iniziale, una bella N grande, della parola Nativitas: nativitas domini nostri ihesu xri (Christi), “Natale di Nostro Signore Gesù Cristo”.
Purtroppo, di questa bellissima pagina non so dirti molto. Si tratta del regalo di un amico, come testimonia la dedica a penna sul retro: “So che lo troverai interessante. Antonio”. I miei amici, consapevoli della mia “mania presepiale“, si sono sempre preoccupati di procurarmi il materiale che potesse soddisfarla, questa mania in fondo innocua: ma, non sempre dotati di rigore “filologico”, hanno il più delle volte dimenticato di indicarmi anche la fonte cui avevano attinto.
Mi sembra dallo stile che questo manoscritto miniato si collochi al limite tra Trecento e Quattrocento, con le sue figure un po’ allungate secondo lo stile gotico, ma anche con una resa naturalistica che guarda verso le nuove tendenze dell’arte.
La rappresentazione è divisa in due parti, una superiore con la Natività, una inferiore con un gruppo di donne guidate nella preghiera da un monaco.
Soffermiamoci sulla scena della Natività. Un tratto di originalità colgo nel particolare, in secondo piano, del vecchio Giuseppe, che si preoccupa di dare da bere all’asinello, mentre il bue rumina nella greppia, nella quale tra un po’ sarà deposto il Bimbo Divino, per essere riscaldato dal fiato dei due docili animali. La commozione si sposa alla perizia e alla minuzia dell’esecuzione, evidente negli elaborati panneggi. La figura della Vergine, formando un angolo retto, inquadra la scena. In fondo, la Protagonista è Lei.
Non lasciarti sfuggire i particolari, cui l’artista ha dedicato molta cura, per esprimere non solo la sua abilità tecnica, ma anche, e soprattutto, la sua fede profonda: il Bambino Gesù, appena nato, si mostra già consapevole della sua Divinità, tracciando con la mano destra il segno di benedizione. Vi ritrovo l’idea che mio padre Vincenzo esprimeva, quando realizzava le sue immagini del Bambino Gesù.
La Vergine ha già sul capo la corona che ha meritato, accettando di essere la Madre di Dio, con tutte le terribili conseguenze che questa accettazione comportava. Tra le quali essere anche la Madre di tutti. E infatti il viso di Lei è atteggiato a preoccupazione nel guardare il Figlio, che sa di avere partorito per la Passione. Sugli antichi libri, le immagini miniate non erano finalizzate solo alla illustrazione, ma anche alla meditazione.
Gli Angeli musicanti collocati lungo i fregi ornamentali non possono non richiamarci alla mente la “gloria angelica”, cioè il gruppo di Angeli, che non manchiamo mai di mettere al di sopra della grotta della Natività, quando allestiamo il nostro presepe.
L’artista ha voluto rappresentare, in questo geniale capolettera, i momenti salienti della Natività: perciò non poteva mancare “l’annuncio ai pastori“: un Angelo cala dall’alto verso un personaggio che è rappresentato nell’atteggiamento del “pastore della meraviglia” che si trova in certe tradizioni presepiali.
La scena è completata da pastori in riposo che si dedicano a canti campestri, come in una delle scene bucoliche ricordate tante volte dal poeta latino Virgilio, che non per nulla nel Medioevo fu creduto profeta del Cristo.
I gruppi di pecorelle accovacciate l’una accanto all’altra sono uno degli elementi più poetici della rappresentazione presepiale: chissà quante volte li hai visti, sui presepi e nelle vetrine, passeggiando per S. Gregorio Armeno, o anche semplicemente recandoti in qualche negozio che esponesse materiale per “fare il presepe”. Qui non manca neppure il cane di guardia. Bellissimo il particolare dei due caproni che si affrontano. Forse il miniatore di questa pagina aveva miniato anche qualche bucolica di Virgilio, lì dove il poeta dice di stare attenti al caprone, ché dà di cozzo. Un altro caprone nero si alza sulle zampe posteriori per brucare dai rami in alto.
La Natività di Gesù non è un avvenimento accaduto una volta per tutte duemila anni fa: essa si rinnova ogni anno, il venticinque dicembre, ogni volta che qualcuno, con fede sicura, nella sua ingenuità, depone il Bimbo nella culletta o nella mangiatoia del presepe.
Per questo l’artista ha voluto attualizzare l’Evento capitale della Storia, rappresentandolo in un contesto contemporaneo: le due monache che, inginocchiate, pregano accanto alla Natività, e poi il canto dell’Ufficio Natalizio, nella scena inferiore del capolettera.
Una donna coronata, probabilmente la regale proprietaria del libro, partecipa con le sue ancelle alla celebrazione guidata da un monaco seduto sulla cattedra. Un Angelo scende sulla piccola assemblea ad ispirare la musica sacra. Bello anche questo tratto: nel libro è rappresentato il momento in cui esso stesso è adoperato.
Questa pagina di manoscritto miniato era troppo bella perché potessi tenerla per me soltanto: ho voluto fartene partecipe, anche con la (non troppo) segreta speranza che ti possa suggerire qualche idea per il tuo prossimo presepe.
Perché, se non te ne sei ancora accorto, è già arrivato il momento di pensare a “fare il presepe“.
Anzitutto grazie al tuo amico Antonio e a te, caro Italo, che sei riuscito proprio ad “animare” questo prezioso capolavoro.
E come mi riempie di gioia il tuo finale: “è già arrivato il momento…”.
A proposito di Virgilio, volevo chiederti se il tuo ultimo libro: “Il rudere e i lauri. Il sepolcro di Virgilio e i poeti” è già disponibile in libreria?
Purtroppo non ricordo neanche di quale, tra i miei numerosi amici di nome “Antonio” si tratta. In quanto al mio ultimo lavoro, è già in circolazione. Puoi anche vederne un’anteprima in rete sul sito della casa editrice. Grazie per l’attenzione che continui a dedicarmi.