Il Natale è tempo di doni. Ma il dono più bello non è quello che può acquistarsi in un negozio, ma ciò che noi stessi possiamo creare con le nostre mani e il nostro ingegno, per esprimere la nostra personalità, esprimendo al tempo stesso il nostro affetto per la persona cara. Questo è quello che ha fatto Mariano, realizzando per sua madre un piccolo presepe circolare come splendido regalo di Natale.
Le festività natalizie sono il periodo dell’anno in cui maggiormente si è portati a farsi reciprocamente dei regali, tanto è vero che una delle feste preannuncianti il Natale è il 6 dicembre, data in cui si commemora il santo vescovo di Mira, in seguito protettore di Bari, Nicola, che è ricordato soprattutto per la sua sollecitudine nel provvedere alla dote delle ragazze povere, per evitare che i genitori, non avendo i mezzi per farle sposare, le avviassero alla prostituzione; la secolarizzazione di questa bella figura di vescovo e martire portò nel secolo scorso alla formazione della folcloristica (e diciamo pure consumistica) immagine di Babbo Natale, come ho scritto nell’articolo San Nicola di Mira e Babbo Natale: perdita di valori? .
L’usanza di scambiarsi i doni nella ricorrenza del Natale è dunque in sé e per sé giusta, soprattutto se si pensa al grandissimo dono che Dio ha fatto all’umanità, mandando suo Figlio a rivestire la carne umana e a “condividere con gli uomini tutto, tranne il peccato”, come si dice nella Liturgia. La differenza sta nella maniera di intendere il dono, nel significato cioè che a questo gesto si attribuisce (esiste, su questo argomento, un piccolo libro, a mio avviso molto interessante, di Philippe Baudassé, Il dono in tutti i suoi stati, che appunto aiuta a intendere il regalo nella sua essenza di gesto spirituale).
In effetti, il desiderio di compiere un gesto che mostri agli altri la propria benevolenza e il proprio affetto rischia di trasformarsi in una smania di fare regali, lambiccandosi il cervello per cercare quelli giusti e compiendo pellegrinaggi da un negozio all’altro, spesso con il risultato di scambiarsi cianfrusaglie che si rivelano inutili e destinate a essere accantonate, in vista di un riciclaggio per il prossimo Natale.
Questo è un atteggiamento in linea con certo consumismo che inconsapevolmente si adegua a direttive suggerite dall’alto, non si sa per quali reconditi fini. Di recente, dalla Commissione europea era stato redatto un documento (vedi l’articolo di Repubblica del 29 novembre 2021), poi ritirato, con il quale si suggeriva di evitare l’uso di parole come “Natale” e di pronunciare nomi quali “Maria” e “Giuseppe”, con l’intenzione, certamente lodevole, di evitare discriminazioni, ma allo stesso tempo con la conseguenza, nient’affatto lodevole, di cacciare nell’oblio la nostra storia culturale e di recidere le radici stesse della nostra civiltà. Fin troppo benevolo è stato papa Francesco nel limitarsi a definire queste proposte frutto di una “laicità annacquata”. In realtà si tratta di vera e propria incultura storica, se non di peggio.
Vorrei augurarmi, in questo, di sbagliare nel nutrire tanto pessimismo, ma non posso fare a meno di notare come al tentativo sempre più evidente di attuare una scristianizzazione della società corrisponda l’avanzata sempre più aggressiva di un capitalismo bieco e spietato, per il quale una vita umana vale meno di un quattrino, come mostra la recentissima storia degli incidenti sul lavoro, e non solo. Questi temi li ho già affrontati in altri articoli come Considerazioni (in)attuali di Capodanno e Il presepe della misericordia.
Un bel dono di Natale, e molto significativo, è invece quello che Mariano Sorrentino ha preparato con “lungo studio” e “grande amore” (Dante, Inf. I vv. 83) per sua madre, un piccolo presepe, fatto con le proprie mani. Il riferimento dantesco non l’ho scelto a caso, visto che il nostro Mariano ha scelto la forma del presepe circolare in omaggio ad una tradizione che si ispira alla dantesca montagna del Purgatorio, come ho scritto nell’articolo Labirinto dantesco e presepe circolare.
Credo che il più bel regalo che si possa fare a una persona amata consista particolarmente in un prodotto della propria creatività, nella cui realizzazione si siano spesi tempo e ingegno e che sia frutto di capacità inventiva, di riflessione e di abilità manuale: come ho spiegato più volte, la costruzione di un presepe coinvolge tutta la persona e non una singola facoltà.
Per la madre che ci mise al mondo, non ci può essere dono migliore di qualcosa che esprima pienamente tutto ciò che siamo e che a lei dobbiamo.
Ti presento, dunque, il presepe che Mariano ha costruito per sua madre, invitandoti a riflettere e a ritrovarvi i motivi tradizionali, religiosi e culturali, e ad apprezzare anche invenzioni e innovazioni che rendono la visita (un presepe non si “guarda”, ma si “visita) anche più interessante.
La scelta della forma circolare, oltre a favorire una visione per così dire libera, da tutti i lati, non obbligata a un’unica visuale, suggerisce un movimento a spirale, che richiama l’analogo viaggio di Dante su per le cornici, lungo i fianchi della montagna del Purgatorio. Il movimento a spirale è lo stesso che nel presepe popolare napoletano è schematizzato nella via a tornanti che dall’alto della montagna porta al piano su cui si apre la grotta della Natività, come l’ho descritto in Presepe napoletano: colto e popolare.
Con una scelta innovativa, Mariano ha posto la Natività in alto: contrariamente alla tradizione, che vuole un movimento discensionale (verso le profondità dell’inconscio), qui si suggerisce un movimento ascensionale, verso la cima del monte, analogamente al cammino dantesco, che alla fine del viaggio purgatoriale conduce al Paradiso terrestre della originaria innocenza. Il Mistero della nascita divina è anche il Mistero della umana rigenerazione.
Non si dimenticano però gli elementi più vivaci, che si ispirano al paesaggio concreto della quotidianità, ma allo stesso tempo rivestono un profondo significato simbolico, l’osteria e il pozzo. Personaggio importante, che sul presepe non dovrebbe mancare. è quello della zingara, per il cui significato puoi consultare, su queste pagine, La zingara: sul presepe, echi del passato.
Naturalmente non poteva mancare il personaggio più importante, il pastorello addormentato, che nella tradizione napoletana è chiamato Benino, e che nella mia interpretazione è il pastore che dorme e sogna Gesù, con il suo stesso sognare creando il presepe e il suo iniziatico cammino. Nel presepe di Mariano puoi vederlo sdraiato sotto una tettoia, fuori la taverna.
Il piacere della vista è assicurato dalla vitalità delle scenette con l’andirivieni delle persone impegnate nelle più varie attività, con la “verità” del gregge di pecore, del carretto con i vari tipi di formaggi, con la mensa imbandita, che oltre tutto assicurano alla composizione il necessario tocco cromatico: per gli occhi, una festa di colori.
Non lasciarti sfuggire la cura posta nella realizzazione dello scenario, con i mattoni a vista, gli steccati e le insegne. Ma, soprattutto vorrei che ti soffermassi su un particolare per me molto importante: sul muro retrostante all’ambiente della Natività, un’edicola sacra offre alla venerazione di un passeggero un’immagine della Madre di Dio, con un anacronismo solo apparente, come ho spiegato in uno dei miei più recenti articoli, L’annunciazione come premessa del presepe.
A quanto scrissi in quell’articolo, vorrei aggiungere un’altra considerazione. Cercare di ottemperare ai desideri della madre è qualcosa di cui Gesù stesso ci diede l’esempio, compiendo il miracolo delle “nozze di Cana“. Ricordi l’episodio narrato dall’evangelista Giovanni, al capitolo II, versi 1-11? Maria dice al Figlio: “Non hanno più vino”. La risposta di Gesù (che la si voglia tradurre “Che importa a me e a te, o donna”, oppure “Che ho da fare con te, o donna?”) sarebbe scoraggiante per chiunque, ma non per Maria, che si limita a dire ai servi “Fate ciò che vi dirà”, certa che suo Figlio non saprà deluderla.
Una madre ha sempre il diritto di attendersi che suo figlio adempia il suo desiderio. Certamente, la madre di Mariano avrà internamente gioito di questo omaggio che il figlio le ha preparato per Natale. Anch’io ho narrato qualche cosa di simile a riguardo di non deludere le attese materne, in un’altra pagina, Magia del Natale: fare il presepe all’ultimo minuto.
Perciò, l’immagine della Vergine Maria come “controfacciata” della Natività acquista una tale pienezza di significato, che non mi spiacerebbe se la “trovata” avesse un seguito presso i miei affezionati lettori.
Ed ha anche il valore di un suggerimento, per i doni del prossimo Natale: impegnarsi a realizzare per le persone amate qualcosa che sia una preziosa espressione della propria personalità.
Tu, te la senti di assumerti questo impegno?
Stamattina ho letto l’articolo a mamma e sinceramente, caro Italo, poche volte l’ho vista così emozionata e comunque il dono più grande sono proprio le tue riflessioni… un immenso grazie da tutti noi!