Michele Clima, avvocato di Foggia, prepara ogni anno un presepe in cui ricostruisce la vita della sua città, ridando anche vita ad antichi quartieri scomparsi. Mantiene viva, così, la memoria di importanti e suggestivi monumenti, ma al tempo stesso propone interessanti tematiche esoteriche.
Se in quel di Foggia già ci recammo con queste pagine, per “visitare” un presepe, fatto, come scrissi allora, di bellezza e verità, oggi vi andiamo nuovamente, a “visitare” quello che io chiamo volentieri il presepe “cittadino” di Foggia.
Una delle frasi più citate del mio Sogno di Benino è questa: “il Napoletano, quando non fa il presepe, sogna di farlo“. Di questa verità sono stato sempre sicuro, avendola continuamente accertata nella realtà. Che, tuttavia, il “sognar presepi” fosse qualcosa che varcasse i confini di Napoli e dell’essere napoletani, non lo immaginavo, fin quando non venni a contatto con un foggiano il quale, nel momento stesso in cui dismette il vecchio presepe, già progetta quello successivo, in una sorta di “furor praesepiandi” che ben conosco e che ho spesso descritto, così come ho descritto la tristezza nel disfare il presepe, tristezza temperata dalla progettazione del nuovo.
L’incontro con Michele Clima, avvocato foggiano con la passione (me ne vorrà, se scrivo manìa?) del presepe, avvenne nel luogo più propizio all’incontro di due cultori non solo del presepe ma anche di tutte le arti che con esso abbiano qualche attinenza: una libreria nel centro storico napoletano, specializzata in tutto ciò che riguarda Napoli e “contorni”. Ricordo che, in quel piccolo ambiente colmo di libri (per Borges il Paradiso è una biblioteca infinita, ma per me anche una biblioteca limitata, purché varia, è un ambiente paradisiaco) la nostra prima conversazione riguardò (né forse poteva essere diversamente) quell’enigmatico, sconcertante, esaltante seguace dell’Arte, che fu Raimondo de Sangro, principe di Sansevero.
Infatti, non una volta sola ho ricordato su queste pagine il legame che unisce la ricerca presepiale all’Ars regia, per esempio in Costruire il presepe: Alchimia per buone azioni, o ancor più in Alchimia del presepe tra ruderi e libri. Ma, soprattutto in La mia via al presepe e in La mia interpretazione del presepe in tre settimane e una vita.
Ho voluto ricordare questi miei articoli, perché il loro contenuto è simile al contenuto di quella prima conversazione in libreria con l’avvocato Michele Clima, che tu hai già incontrato su queste pagine, perché fu lui a mettermi in contatto con Nicolò Celegato, autore con Mauro Marcato del Presepe francescano a Padova.
Il presepe di Michele Clima è ampio, occupando una intera stanza. Ma sembra ancora più grande per la quantità di figure da cui è popolato e soprattutto per la serie di scorci, che invogliano a una visita accurata (ricorda sempre che un presepe non si “guarda”, ma si “visita”), inoltrandosi per vie, vicoli e piazze, che riproducono, in una accurata sintesi storica, la Foggia che c’è e la Foggia che è scomparsa. Se hai visto Foggia, riconoscerai facilmente sul presepe di Michele Clima i monumenti più caratteristici, che ancora esistono e di cui si spera che nessuna Amministrazione comunale permetta l’abbattimento, come per altri è avvenuto nel passato.
L’aspetto più caratteristico del “presepe Clima” è il recupero di monumenti non più esistenti, come le due chiese e il monastero, che negli anni ’30 del secolo scorso furono sacrificati alla costruzione del Municipio (spetta ai Foggiani dire se il sacrificio è stato ben ricompensato…), e ancora agli inizi di questo secolo fu abolita addirittura una porta antica, con l’arco di san Michele (particolarmente dolorosa per i Foggiani, questa perdita, ma soprattutto per l’avvocato Clima che è molto orgoglioso, ed a buon diritto) di portare il nome dell’Arcangelo guerriero): si deve anche ricordare che, come guardiano della soglia, l’immagine di san Michele è (era) collocata presso le porte urbiche. Ne ho esempi a Napoli e in altre città.
Ebbene, i monumenti scomparsi risorgono nel “presepe Clima” che ormai, a Foggia, è diventato una istituzione cittadina in una manifestazione cui per il 2022 Michele ha dato il nome di “Kabala dell’Angelo”. Il titolo vuole sottolineare i rapporti con la tradizione (in ebraico Kabala significa appunto “tradizione”), ma anche con Napoli, dove per cabala si intende soprattutto l’arte di “fare i numeri” per il lotto a partire dai sogni. I rapporti tra Foggia e Napoli sono molto stretti, anche per il ricordo, comune a entrambe le città, di Federico II e di Carlo I d’Angiò.
C’è, in questo, un appello rivolto soprattutto ai giovani, perché la “tradizione” (dal latino tradere, “consegnare”) è l’azione con cui il “vecchio” trasmette al “giovane” la conoscenza e tale tipo di insegnamento ha un valore iniziatico: Michele esemplifica questo rapporto nella coppia Armenzio-Benino, di cui ho parlato anch’io, non solo su queste pagine, ma anche in rapporto a Virgilio, che nella sesta egloga rappresenta il vecchio Sileno (nel presepe trasposto nel Ciccibacco ‘ncoppa a’ votta) narrante la storia del mondo e dell’umanità a due ragazzi, Cromi e Mnasillo.
Per queste ragioni, il “presepe Clima” è aperto al pubblico, soprattutto alle scolaresche, che, dopo le vacanze natalizie, vi sono condotte dagli insegnanti a scoprire qualcosa che per i giovani della nostra epoca non è del tutto scontato: l’amore per la tradizione, che si compendia nella passione per il presepe congiunta all’affetto per la propria città. Infatti, non c’è futuro vivibile se non lo si costruisce sulla memoria: ho ripetuto spesso un detto dei nativi americani (i “veri” Americani), “è giusto che cambi, non è giusto che si dimentichi“.
Nella realizzazione del suo presepe, Michele è sostenuto da due fondamentali qualità: una spiccata capacità manuale, che fin da ragazzo egli tiene in continuo esercizio, e una acuta curiosità che lo spinge a vagare, a “errare”, in lungo e in largo, soprattutto nel foggiano, in terra di Capitanata, ma anche a Napoli, che conosce molto bene e che ama quasi quanto la sua Foggia: in questo “errare” (ancora una volta ti ricordo il vero significato dell’errando discitur, “errando si impara”) ricerca spunti paesaggistici, emozioni e ricordi e raccoglie anche oggetti, piccoli e grandi, di cui immediatamente immagina l’uso presepiale. A questo scopo, le bancarelle sono il suo luogo d’indagine preferito.
Con un forte senso dell’amicizia e con un vibrante bisogno di condividere le sue “scoperte”, mi invia le immagini degli oggetti rinvenuti e poi modificati per essere collocati sul presepe. Io, dal canto mio, se nei miei vagabondaggi, presepiali e non, incontro una immagine di San Michele, mi faccio un dovere di spedirgliela. Naturalmente, non manchiamo di scambiarci le nostre idee sul presepe e in questo scambio di chiarircele, come accade sempre tra tutti gli appassionati presepisti (o presepari, come meglio si crede).
Non manco mai di mettere in rilievo le motivazioni per “fare il presepe”: oggi te ne offro un’altra, cioè il rafforzamento di legami di amicizia, poiché l’amicizia si stabilisce tra simili o rende simili, come diceva il grande Sant’Agostino.
E tu, se ami il presepe, come lo amiamo io e Michele (e non posso non ricordare Mariano, nato nella penisola sorrentina e abitante dei Colli Albani), hai qualche amico con cui condividere questa passione che coinvolge l’intera personalità, come ho più volte asserito?
Ti ringrazio, caro Italo, per avermi citato e complimenti al tuo amico, veramente un bravissimo preseparo.
Sì, Michele è bravissimo e sul suo presepe leggerai altro. Fare menzione di te, che sei come noi un “maniaco presepiale”, era quanto meno doveroso, oltre che un piacere. Sono venuto meno a una promessa che ti ho fatto tempo fa, ma rimedierò appena mi sarà possibile. Grazie sempre della lettura e del commento.