Metapresepe borghese è la definizione che si può applicare a una scena presepiale allestita dal maestro Luciano Testa, che mi è stata indicata dall’amico Guido Di Lorenzo.
E parliamo, questa volta, del metapresepe borghese.
Nell’articolo precedente ho descritto una scena presepiale, approntata dal maestro Giuseppe Ercolano, il quale ha raffigurato, con perizia e finezza psicologica, un’anziana coppia che, nella stanza da pranzo di una modesta casa di pensionati, accoglie un ragazzino delle scuole medie: questi deve svolgere una ricerca sul presepe e allo scopo si rivolge all’ex ferroviere, notoriamente appassionato cultore della materia, nonché abile artigiano del presepe stesso.
Il “vecchio” e il “giovane” sono colti da Giuseppe Ercolano nel momento in cui, dinanzi al presepe, il primo, quasi in una sorta di rito iniziatico, introduce il secondo ai “misteri” di questa bellissima tradizione.
L’artista ha dato corpo, con le sue artistiche figure, ai personaggi di Zi’ Peppe, Gennarino e Luisella, protagonisti di un libro di Gennaro Matino, di cui ho parlato qui.
Ho definito “metapresepe” la scena del maestro Ercolano, per indicare una particolare scena in cui il presepe “parla di se stesso”, cioè un presepe nel presepe.
L’amico Guido Di Lorenzo, che tu conosci bene come appassionato di presepe e cultore di questa tradizione natalizia, ha letto l’articolo e ha ritrovato nella sua memoria qualcosa di cui mi ha voluto rendere subito partecipe. A mia volta, io desidero renderne partecipe te, perché le sue riflessioni sono, come di consueto, molto interessanti: non trovo modo migliore, per fartele conoscere, che cedere la parola a Guido, il quale mi ha scritto ciò che puoi leggere qui di seguito:
Caro Italo,
Il tuo ultimo articolo “Metapresepe: G. Ercolano e le storie di zi’ Peppe” mi ha ricordato un’opera di Luciano Testa, intitolata “Visita al Presepe”, di cui ti allego una foto. Trovo il termine “metapresepe” da te coniato molto appropriato e mi sembra che si può applicare anche a quest’altra opera che ti mostro.
Anche in questo caso il presepe “si racconta”, ma in modo diverso, perché si tratta di un Presepe colto o borghese.
Figure finemente lavorate, realizzate da artisti, vestiti con abiti di seta proveniente dai laboratori di San Leucio, con ornamenti d’argento e d’oro, popolano una scenografia curata da architetti e anche l’ambiente in cui il presepe è stato allestito è sfarzoso. Un presepe, quindi, da mostrare a principi e reali, diverso dall’ambiente povero e raccolto, ma ricco di umanità e di speranze, del presepe popolare di zi’ Peppe.
Ma non ci sono solo differenze, nei due metapresepi: ricchi e poveri, come gli umili pastori e i re magi, sono in adorazione, colti immobili nella visione del sacro Evento.
Se, allora, tra i due presepi, il “borghese” e il “popolare”, ci sono molte, moltissime differenze, in entrambi tuttavia, visitatori e allestitori ne sono coinvolti: sono essi stessi figure del presepe. Uomini e donne, giovani e vecchi, pastori e re, mendicanti e ricchi, bianchi e mori, orientali e occidentali, abruzzesi e calabresi , borghesi e popolani sono immobili, rapiti nella visione del Grande Evento della nascita di Dio nella storia. La grande livella del creato li unisce nella grande famiglia umana, senza distinzioni. Credenti e dubbiosi sul palcoscenico della vita si raccontano. Il Presepe vive tutto l’anno, tutta la vita.
Conoscevo l’opera di Luciano Testa, la cui particolarità più evidente è costituita dall’inserire i suoi presepi in cornici, permettendo quindi di appendere il presepe al muro come un vero e proprio quadro. Non conoscevo, tuttavia, quest’opera particolare, un metapresepe borghese, che Guido ha così bene descritta, traendone interessanti spunti di riflessione.
Spero di questo artista di farti conoscere in seguito qualcosa di più, sempre con l’aiuto di Guido.
E tu, hai mai incontrato un metapresepe, che fosse popolare o colto, nelle tue esplorazioni presepiali?