Una signora napoletana ci mostra, su un presepe di terracotta proveniente da Grottaglie, la probabile figura della monaca Mafalda. Antonino vi scopre le “polpette del diavolo” e ci lanciamo in elucubrazioni presepistico-teologiche.
Avevo da poco pubblicato l’articolo su Mafalda, della nobile famiglia dei Cicinelli, nel quale commentavo la tragica vicenda della giovane, analoga a quella di tante altre infelici costrette ad una forzata monacazione, vicenda viva non solo nella tradizione di Napoli ma anche in quella di Grottaglie, di cui i Cicinelli avevano ottenuto l’investitura ducale nel XVII secolo.
Mi chiedevo se vi fosse qualcuno che potesse offrirmi ulteriori notizie, quando una signora napoletana di origine pugliese, che abita nella zona di Posillipo, mi scrisse per comunicarmi che, forse, tra i pezzi della sua collezione presepiale, c’era qualcosa che poteva interessarmi: forse, scriveva, possedeva un’immagine della sventurata monaca Mafalda su un presepe proveniente proprio da Grottaglie. Non poteva essere sicura, aggiungeva con onestà intellettuale, che proprio di Mafalda Cicinelli si trattava, per cui mi invitava a casa sua, lasciando a me il giudizio definitivo.
Naturalmente, come puoi ben immaginare, neppure per un attimo pensai di lasciarmi sfuggire un’occasione simile: altrettanto naturalmente, ebbi subito il desiderio di coinvolgere Antonino, che era stato il primo artefice della nostra “inchiesta” sulla monaca Mafalda.
Risposi quindi alla signora che non solo accettavo il suo gentilissimo invito ma che, se lo permetteva, lo estendevo ad un amico appassionato quanto me al presepe e a tutto ciò che lo riguarda.
E così, un bel pomeriggio, ci siamo recati, Antonino ed io, a casa della signora Maria, che ci ha accolto con squisita gentilezza.
Dopo i convenevoli di rito, la signora Maria, che appartiene, con tutta evidenza, alla categoria degli appassionati, qualcuno direbbe dei “maniaci” del presepe, ci ha mostrato l’oggetto della nostra viva curiosità. Eccolo in alcune foto che ho scattate io stesso.
Si tratta di un piccolo presepe, interamente in terracotta, in cui la rappresentazione è ridotta all’essenziale: la “grotta” con la mangiatoia, la Sacra Coppia che veglia il Bambino Gesù, il bue e l’asinello.
Non vi sono altri personaggi, se non una figurina, di dimensioni ridotte rispetto alle altre, nella quale non è difficile vedere una donna avvolta nelle vesti monacali. La provenienza del presepe dalla zona di Grottaglie, celebre anche per l’arte ceramica, oltre che per essere stata feudo della nobile famiglia napoletana dei Cicinelli, rende altamente probabile che si tratti proprio della monaca Mafalda. Poiché ci piace crederlo, e del resto non abbiamo un’ipotesi migliore, sposiamo con entusiasmo questa tesi: del resto, essendo l’unico personaggio sul piccolo presepe, oltre quelli della Natività, esso deve rivestire un ruolo certamente importante. Anche le dimensioni, ancor più ridotte rispetto alle già piccole dimensioni dell’intero manufatto, devono avere qualche significato.
La “monaca” si presenta nel consueto gesto dell’offerente, poiché reca un piatto su cui, ci fa notare la signora Maria, ci sono delle piccole sfere, un particolare che ci lascia perplessi: pensando alla monaca Mafalda, ci saremmo aspettati che sul piatto vi fosse la testa del povero paggio, come la testa del Battista recata sul piatto da Salomé.
Ad avere l’idea geniale è Antonino, proponendoci una soluzione a cui non sarei mai arrivato da solo: si tratta, dice Antonino, delle cosiddette “polpette del diavolo”, la pietanza che spesso è raffigurata nel piatto recato dall’oste, che, come sanno i cultori dell’arte presepiale e gli affezionati alla Cantata dei pastori, cela, sotto l’apparenza gioviale e godereccia, le sembianze dell’avversario per eccellenza.
Le polpette nel piatto dell’oste rappresentano le anime che sono cadute in potere del diavolo, come dire che il diavolo “fa polpette” delle anime dei malvagi. Conoscevo questa particolare tradizione, anzi, una volta, non trovando una statuetta di oste che recasse un vassoio con polpette, mi industriai a modificarne una io stesso.
Allora, le “polpette” nel piatto recato da Mafalda potrebbero volere rappresentare le anime di lei e del suo infelice paggio: entrambi i due giovani sono infatti morti in stato di peccato, lui intrecciando una relazione con persona votata allo stato religioso, lei venendo meno ai voti e per di più togliendosi la vita.
Le ridotte dimensioni della “monaca” potrebbero appunto alludere alla sua condizione di fantasma, così come appunto appariva a Napoli, presso il Ponte della Maddalena, la notte di Natale.
Ma che senso può avere l’atto di Mafalda (sempre che proprio di lei si tratti, devo ricordarlo, per onestà intellettuale) di presentarsi in gesto di offerente alla grotta della Natività? E per di più offrendo un vassoio con le anime condannate all’eterno supplizio?
È pensabile mai che la notte di Natale, la monaca colpevole, invece di apparire presso il Ponte della Maddalena a inquietare i viandanti, si rechi alla grotta della Natività, a chiedere indulgenza per sé e per colui che le fu unito nella colpa?
E perché no? ci diciamo: nella grotta non nasce forse Colui che è venuto nel mondo per portarne i peccati?
Su questa ipotesi, un po’ azzardata, devo ammettere anche questo, Antonino ed io ci soffermammo a discutere con la gentilissima signora Maria, con suo marito, che nel frattempo era rientrato, e con le sue splendide figlie. Trascorremmo così l’intera serata in compagnia di questa meravigliosa famiglia innamorata del presepe,
parlando cose che ‘l tacere è bello,
sì com’ era ‘l parlar colà dov’ era.
Su questi versi di Dante (Inferno, IV, vv. 104-105), concludo le mie divagazioni presepistico-teologiche, sperando di avere suscitato la tua curiosità non solo circa l’umana vicenda della monaca Mafalda, ma anche il tuo interesse circa il destino della sua anima immortale.
Mi piacerebbe conoscere la tua opinione a riguardo.
Saranno pure supposizioni azzardate, ma poi in fondo in fondo auspichiamo tutti la Sua indulgenza.
Un caro saluto
Mariano
In realtà, le mie supposizioni sono assai più azzardate di quel che appare da questo articolo. Lo vedrai quando ritornerò sull’argomento. Perché di sicuro ci ritornerò. Grazie per la tua attenzione alle mie pagine.
si sta preparando a passare dalla lettura delle epigrafi a quella degli indizi? 🙂
il commissario ricciardi di de giovanni dovrà prepararsi a singolar tenzone! mi piace.. assaje 🙂
Ebbene, non lo sapevi che nessuna lettura più che quella delle epigrafi si conduce attraverso indizi? E poi sono stato sempre un lettore assiduo di “gialli”, non te lo ricordi? In quanto al commissario Ricciardi, non ha da temere la mia concorrenza: io non ho la sua “seconda vista”, per fortuna. Se no, potrei trovarmi davanti la “monaca Mafalda”, quando attraverso il Ponte della Maddalena, il che faccio molto spesso. E confesso che preferisco vederla sul presepe. Ma tieni di vista le mie pagine: non ho ancora concluso con questo argomento.
Affascinanti gli indizi e la storia,interessanti le considerazioni,io appassionato del prosieguo. Non sono preparato in materia,apprendo volentieri da Voi.
Credo che siamo appena agli inizi … la storia e le discussioni che suscita promettono bene …