Le considerazioni (in)attuali di Guido e mie sulle luminarie di Salerno e l’assenza di significato in una festa senza festeggiato.
Non so quanti Italiani prestarono attenzione, la sera dell’ultimo dell’anno 2016, al presepe alle spalle del Presidente della Repubblica, che teneva il discorso augurale alla Nazione. Il presepe costituiva una presenza, discreta, ma per nulla casuale, vista la frequenza con cui l’operatore lo inquadrava.
Non si è trattò di una astuto ammiccare alle nuove tendenze che fanno riscoprire il presepe in funzione anti-qualcuno, ma di una allusione costante alla verità inoppugnabile che nel presepe sono presenti tutti i temi che, con pacatezza e concreto senso della realtà, il Presidente Mattarella andava enunciando.
Il mondo del lavoro, che finanzieri privi di scrupolo e politici incapaci, quando non corrotti, stanno scelleratamente distruggendo, è simboleggiato nella figura di san Giuseppe falegname, l’artigiano che Dio prescelse per custodire e proteggere la fragile vita del Suo Figlio fattosi Uomo. La dignità della Donna è innalzata a un grado mai conosciuto prima, nella Vergine Maria, poiché Dio ebbe bisogno dell’assenso di una ragazzina, per portare a compimento il suo progetto di salvezza.
Dal momento di quella Nascita, nella Bellezza e nella Povertà, commemorata nel presepe, gli uomini possono ritrovarsi e dirsi fratelli.
Infatti, la libertà, la fratellanza, l’uguaglianza, non hanno senso se non poggiano su un saldo fondamento.
“La Verità vi farà liberi”. Quale libertà può darsi, se si chiudono gli occhi di fronte alle più semplici verità, che sarebbero sotto lo sguardo di tutti, se solo la gente volesse vederle?
L’uguaglianza e la fratellanza furono proclamate dal Cristianesimo nascente e fondate su due realtà metafisiche.
L’uguaglianza deriva dal fatto che noi uomini, esseri venuti dal nulla e fatti di nulla, siamo uguali di fronte a Dio che è l’Essere (solo Dio è: noi esistiamo, semplicemente); in queste condizioni, che un uomo creda di essere migliore degli altri, solo perché è più sapiente, più ricco o più bello, vuol dire nutrire la stessa illusione di chi credesse di essere più vicino al sole, solo perché è salito su una collinetta.
La fratellanza deriva dalla proclamazione della “Buona Novella” (la parola “evangelo” significa appunto questo), con la quale Dio ci assume come suoi figli. Per questo, davanti alla mangiatoia del presepe sono chiamati i pastori, caprai e pecorai, i più miseri fra gli uomini, ma anche i Re e Sapienti che vengono da diverse regioni della terra, senza distinzione di razza: il Vecchio, il Giovane, il Nero simboleggiano l’intera umanità.
La regalità e la sapienza degli uomini, come la loro umiltà e la loro povertà, si chinano dinanzi alla misteriosa Sapienza di Dio, che volle far nascere Suo Figlio in una stalla.
Per questo mi ostinerò a negare che le radici dell’Europa siano da ricercarsi nella Rivoluzione Francese, il cui culmine è nel periodo conosciuto come il Terrore: che la libertà la fratellanza l’uguaglianza possano essere imposte con la ghigliottina, o con altri mezzi violenti, è vaneggiamento di spiriti ottenebrati.
A meno che non si voglia parlare di questa Europa: l’Europa di una spietata borghesia per la quale la vita di un uomo, di una donna, di un bambino, valgono meno di pochi quattrini; l’Europa delle frontiere chiuse alla disperazione; l’Europa che impone sacrifici ai piccoli risparmiatori per salvare la banche bancarottare; l’Europa che non sa essere unita di fronte ai bisogni delle nazioni in difficoltà, ma si unisce solo di fronte alle esigenze dei ricchi. Bene. Di questa Europa lascio volentieri a Francesi e Tedeschi la libertà di ricercare l’origine dove più li appaghi il loro orgoglio nazionalistico.
Ma c’è un’altra Europa: quella delle strade fiancheggiate da ricoveri per i pellegrini, dei monasteri in cui si prega Dio per i persecutori così come per i perseguitati, degli scriptoria in cui schiere di amanuensi si danno da fare per salvare la preziosa eredità degli Antichi, l’Europa degli ospedali e della carità. L’Europa di Tommaso d’Aquino, di Filippo Neri e di Madre Teresa.
Di queste cose parlavamo in una sera qualsiasi delle vacanze natalizie, Guido ed io, mentre ci dirigevamo verso Salerno, per vederne le tanto decantate “luminarie”.
E le abbiamo viste, dopo essere faticosamente riusciti a trovare un parcheggio: e per avere il posto dove lasciare l’auto abbiamo dovuto fare una lunga fila.
Foto Guido Di Lorenzo
Lo spettacolo era davvero impressionante. Alla fine del Corso principale, un enorme albero di Natale, costituito da migliaia e migliaia di punti luminosi, concludeva la serie di luminarie che rischiaravano decine e decine di spettacoli i più vari: balli improvvisati da ragazzi in festa in mezzo a bancarelle con le merci più incredibili, maturi artisti, evidentemente decaduti, cercavano di attirare l’attenzione della folla, per lo più distratta, con l’esibizione della loro esperta arte, che avrebbe meritato ben altra fortuna che quell’improvvisato palcoscenico.
Foto Guido Di Lorenzo
Ma perché, in mezzo alle luci e alla folla, quella sensazione di freddo e di vuoto?
La serata era in effetti molto fredda, ma non era questa la causa.
No. Il freddo era dentro. Perché si avvertiva che tutta quell’allegria era falsa. Che la gente si affannava a non vedere e a non pensare. Che quell’esibizione di luci era solo uno spreco a scopi turistici.
Natale significa “Nascita”. Ma quale nascita e di chi? Una festa senza il festeggiato è il segno del vuoto più assoluto. In quel vuoto, apparivano ancora più dolorose le immagini della povertà, di fronte alla quale si passava, con l’indifferenza della cecità.
Unico segno di sacralità, in piazza del Duomo, un presepe alla base di un albero. Un angolo stranamente tranquillo, rispetto alla baldoria del Corso. Qui, evidentemente, non c’era molto che attirasse l’attenzione dei più.
Foto Guido Di Lorenzo
Il Duomo di Salerno è un vero gioiello dell’architettura meridionale, ricolmo, oltre tutto, di importantissime memorie storiche. Se non l’hai mai visto, ti consiglio una visita non frettolosa.
Foto Guido Di Lorenzo
In un locale a pianterreno è allogato un “presepe dipinto”: è realizzato con figure a grandezza quasi naturale, intagliate nel legno e accuratamente delineate con il disegno e la pittura. Non mi ci soffermo molto, perché ho intenzione di presentartelo quanto prima.
Foto Guido Di Lorenzo
Non c’erano molti visitatori, e deserto era anche l’ambiente, l’antico “Tempio di Pomona”, che ospitava una mostra di “arte presepiale” di tutto rispetto.
Particolare significativo: l’ingresso era libero e la visita del tutto gratuita; soltanto, all’ingresso, una cassetta invitava a lasciare un’offerta per collaborare ai costi dell’esposizione. Quando abbiamo lasciato cadere le nostre monete, il tonfo secco sul fondo e il rimbombo ci hanno resi certi del desolante vuoto all’interno.
Foto Guido Di Lorenzo
Abbiamo fatto ritorno al parcheggio; anche qui, lunghe file alle casse automatiche. Una anziana signora, stringendosi in un logoro soprabito per ripararsi dal freddo, tendeva inutilmente la mano agli indifferenti passanti. Si pagava tranquillamente l’esoso parcheggio, ma si negava alla vecchia questuante la piccola moneta che le consentisse di tirare avanti la vita. Guido ed io abbiamo posto nella mano tesa l’obolo della umana solidarietà. Anzi, Guido le ha accennato una lieve carezza sulla testa e le ha rivolto la parola. In quel momento l’ho invidiato. Io non sono capace di questi gesti, così importanti nella loro apparente tenuità: resto intimidito, quasi immobilizzato di fronte allo spettacolo della miseria e della sofferenza.
Così, siamo partiti da Salerno, con la certezza che eravamo stati noi a ricevere dalla anziana mendicante. Forse, anche quella era un’anima del Purgatorio, inviata sulla terra a vedere se, tra i giochi e le luminarie e la falsa allegria, vi fosse ancora posto per la pietà.
Su queste considerazioni (in)attuali mi attendo le tue osservazioni e i tuoi commenti.
Una serata illuminata da mille colori, ma mancava l’anima, il messaggio. Riflessioni malinconiche, contro corrente ma necessarie e doverose. Ci prepariamo per il prossimo Natale, decidendo di visitare luoghi e piazze meno “festosi” ma più autentici.
Grazie, Guido. Sono sempre pronto per i viaggi alla scoperta dell’ “autentico”, di cui faremo partecipi i nostri lettori.
Concordo in pieno sulle amare considerazioni contenute nel pezzo.
Col passare degli anni ( ne ho 60) trovo sempre più malinconico vedere come sia stata ridotta la sacra festa del Natale.
Totalmente svuotata dai suoi veri significati e al contempo riempita di contenuti pagano-consumistici che l’hanno fatta diventare la festa dove i più non sanno cosa festeggiano, se non il dio consumo, con tutti i riti annessi a tale malefica divinità che con ingordigia divora tutto e tutti .
Ultimi baluardi a difesa del vero ed unico senso del Natale , restano il Presepe ( non so in quante case ancora presente), e la sempre toccante Messa di mezzanotte.
Per quanto tempo ancora, però ?
Fin quando, almeno, ci saremo noi a fare il presepe e a partecipare alla Messa di Mezzanotte. Il “dopo” non ci riguarda. A noi compete lavorare perché non si dimentichi. Ma se le generazioni future vorranno, nonostante la nostra fatica, dimenticare, è un problema che riguarderà loro. Grazie per avermi letto e anche per avermi scritto.
professo’ nu pastore che mancav chist’ anno ncopp o prsepio e’ chill’ e nu povero criatur furastier, annegato a cui abbiamo negato tutto, una vita con la lettera maiuscola o modesta minuscola. mi dispiace pensare che siamo diventati analfabeti con i sentimenti, compresi tu e io professo’.
forestiero ch’ brutta parol, e na jastemm.
chi stanne ci stann’ tropp angel nuovo ncopp o presepio, ma teng l’impression ca nun e virimmo o nun e vulimm vere. allora nun m’ piace stu presepio nun e ‘viv e’ muort.
nun te voglio scuccia ma a liberta’ crstiane che dice tu professo’ si nun ci mittimme vicine nu poche e sord pe ce da’ nu poche e dignita’ a che serve, e a chies e bertone quann strilla stu fatt. o imm aspett natu marx nuovo fors fra nati duimila ann.
sara a serat o o rolore da cervicale ma io stu bambiniell’ o veche e chiagnere.
il tuo cattivo discepolo antonio.
Gnantò, pe’ ‘na vota, ‘na cosa justa l’aje detta. Nuie simme addiventate analfabete cu i sentimente. E’ ‘o vero. Ma nuie ca ‘nce putimme fa’, si ‘e cristiane se so’ scurdate ‘e Cristo, comme ‘e comuniste se so’ scurdate ‘e Marx? Pecché, si Bertone, cu l’appartamento ‘e tre kilometre, non ci azzecca cchiù niente a cu gli Apostoli, ca jeveno ‘a p’ ‘o munno, scaveze e puvarielle, me saie a ddicere ca ci azzeccano cu Marx o’ D’alema, o’ Bersane e o’ guaglione co ‘e guaglioncelle soie, ca tante te piaceno e ca tu ‘e vutate? Almeno cu Giesù Cristo, nce sta Bergoglio, ca fa’ mettere scuorno a tutte l’aute Ber- Ber- ‘e chisto munno.
E comunque, Antò, il ragazzino annegato e tutti gli altri ragazzini annegati e morti di fame, non li abbiamo uccisi né io né tu, né gli altri Italiani, ma li hanno uccisi i loro connazionali e correligionari che li spingono in mare verso un’Europa che vogliono destabilizzare. Come al solito, quei poveri disperati sono vittime di un gioco più grande di loro e che neanche noi comprendiamo.
Gnantò, ‘a storia fa schifo assaje. Pe chesto l’unnica libbertà è chella ‘e Giesù Cristo… pure si ‘e cristiane hanno traruto a Cristo. E un altro Marx non serve. Quello che poteva servire l’ha già detto e non c’è bisogno che lo ripeta.
Ma po’, Gnantò, t’accuorge o no ca tu dice chello stesso ca dich’io? Nun aggio ancora capito che cosa mi contesti. Mah!!! Saranno state tutte ‘e cazzotte ca nce simmo date, quand’eramo guagliune e ca nci hanno fatto scevolì a tutte e dduje…
Concordando con il sig. Antonio, replico ad Italo sottolineandogli che purtroppo le nuove generazioni non sapranno di arrecare un danno.
Roberto
Giusto. Ma è per questo che noi scriviamo, pubblichiamo e commentiamo, proprio per avvisarle di non perdere un’occasione. Se poi vorranno fare orecchi da mercante, ancora una volta: non riguarda più me. Io, la mia parte l’ho fatta e la sto facendo. Ma riguarda te, se non saprai educare le tue figlie al gusto del bello e alla ricerca del vero.
Voglio dire soltanto quanto mi sento colpevole in questo tempo galoppante. Toccante e riflessivo ma magistrale la descrizione propensa a riflessioni ed insegnamento da non dimenticare Ciao e grazie a Voi e scusate il ritardo ma che sa sempre di presente.
Da quando Troisi ha girato il suo bel film di questo titolo, il ritardo è sempre scusato. E consiglio di non esagerare con i sensi di colpa. Ce ne caricano già tante che è meglio non assumercene altre da noi stessi. Grazie piuttosto di avere avuto non solo la pazienza di leggermi, ma anche di scrivermi.
Carissimo Italo, da quando ho scoperto le tue pagine ti seguo sempre con piacere ed attenzione. Da laico, non credente, mi piace confrontarmi con le ragioni serene di chi è credente. Condivido molte cose del tuo ragionamento, ho sempre guardato con sospetto a questa desacralizzazione del Natale. Natale è sacro o non è. Però volevo porti una domanda, non trovi che ridurre la rivoluzione francese all’ anno del terrore faccia un po’ il paio con chi cerca di ridurre la storia del cattolicesimo all’ inquisizione o alla corruzione anche corposa di molti esponenti del clero? Ti ringrazio anticipatamente della tua disponibilità
Caro amico, ti chiedo innanzitutto scusa per non avere risposto (me ne accorgo solo ora) alla tua bella missiva natalizia. Poi, vorrei chiarire un punto: non scrivo certe cose perché sono credente, ma al contrario sono credente perché ho trovato ragionevoli le cose che scrivo. E vengo subito alla tua interessante domanda che mi ha obbligato a riflettere e a chiedermi se non avessi dato un giudizio frettoloso su quella Rivoluzione Francese che nei manuali di storia che studiammo in gioventù era presentato come l’evento capitale dell’epoca moderna.Ma non credo di essere stato riduttivo: la rivoluzione ha mietuto un numero spaventoso di vittime, senza distinzione di sesso, di età, con episodi di inaudita crudeltà. Ora, mi chiedi se non commetto lo stesso errore che rimprovero ad altri. Posso risponderti in questo modo: Pietro, Paolo, Lino, Cleto Clemente, Sisto, Cornelio, Lorenzo, Cosma e Damiano (sto rievocando i Santi Apostoli e Martiri del Canone Romano della Messa) non potevano prevedere e neanche vollero l’Inquisizione e la corruzione ecclesiastica: basta che nel Paradiso di Dante leggi l’invettiva di Pietro contro i suoi indegni successori. I fautori della rivoluzione proclamarono la liberté l’egalité la fraternité e furono gli stessi che eguagliarono i francesi sotto la ghigliottina; e continuarono a fare zompare teste fino a che fu fatta zompare la loro.La rivoluzione esportata arricchì la Francia delle spoglie dei paesi invasi. Napoleone, uno dei grandi criminali della storia, e non so perché nessuno ancora lo abbia paragonato a Hitler, del quale anticipò i metodi, andando incontro ad una medesima fine, iniziò la sua carriera cannoneggiando i suoi concittadini etc. etc. etc. Credo che tu conosca il quadro di Goya con le fucilazioni francesi in Spagna: abbiamo le “Lettere dei condannati a morte della Resistenza”, ma che cosa avremmo letto nelle lettere di quegli sventurati, se le avessero scritte? Questo duro giudizio non mi appartiene del tutto: fu già dei contemporanei. E dopo tutto questo sangue sparso, quali furono i risultati? Il popolo francese, come quello inglese, restò nella miseria più assoluta, come attestano i romanzi di Zola e di Dickens. Così come dopo l’unità d’Italia, il Re cosiddetto “buono”, Umberto I, non batté ciglio di fronte alla vergogna del suo macellaio Bava-Beccaris, autore dell’eccidio del popolo milanese che protestava per il suo pane quotidiano. Naturalmente, sono pronto ad accogliere le smentite degli ammiratori di Robespierre, di Napoleone e dei Savoia, se riusciranno a convincermi.
Ma io volevo semplicemente rivendicare la priorità assoluta del Cristianesimo nell’avere propugnato delle idee bellissime, quali la libertà, l’uguaglianza, la fraternità. Che se poi gli eredi degli Apostoli, dei Martiri e dei Santi non hanno saputo applicarle, tradendo l’insegnamento dei padri, questa è colpa loro. E gli Illuministi, falsificando la storia, hanno fatto opera di oscurantismo. Ma ho già scritto troppo, per una semplice risposta. Se vuoi, possiamo continuare la nostra garbata polemica. Solo dalla discussione si chiariscono le idee. Stammi bene e, spero, a presto.
A proposito della Rivoluzione francese su cui Italo si è soffermato con la sua proverbiale capacità di approfondimento. L’oblio della ragione genera mostri, si è detto; sarà forse vero ma è soprattutto vero che l’illuminata ideologia genera le tenebre. Come tutte le ideologie, inevitabilmente, anche quella che ha partorito la Rivoluzione francese conteneva in sé una strutturale contraddizione,come avviene per le antinomie semantiche e sintattiche, prodotte dal linguaggio naturale, quando con lo stesso linguaggio si tenta di dare una spiegazione di concetti semanticamente di ordine superiore, che devono essere risolti utilizzando un metalinguaggio. Così i problemi sorti all’interno dell’ideologia rivoluzionaria francese non potevano essere risolti utilizzando lo stesso ordine concettuale che li aveva generati: ovvero la soppressione fisica dell’avversario. Una ben diversa visione viene offerta dal Cristianesimo, che risponde all’offesa con l’amore del perdono. Da qui la riflessione: non si può parlare di radici, partendo da una ideologia, poiché ogni ideologia è destinata alla sua inevitabile corruzione; le radici sono piantate e danno frutto solo attraverso un misericordioso atto d’amore per la persona.
Ringrazio Giuseppe che ha spiegato con le armi della scienza ciò che io avevo tentato di far comprendere con il mio balbettio di persona ben pensante.
Ringrazio Italo e Giuseppe x le’risposte, tengo però a precisare che io non volevo fare alcuna polemica termine che cerco di tenere lontano, anche attenuato dall’ aggettivazione di garbata. Diciamo che dinnanzi ad un presepe immaginario ci si incontra con delle persone interessanti e partono riflessioni come giusto che sia incontrandosi dinnanzi ad un grogiuolo simbolico narrativo cosi complesso e profondo. (un metalinguaggio si potrebbe dire, se non fosse qualcosa di piu di un matalinguaggio) Quindi non una polemica, ma una ricerca. La mia domanda non voleva stabilire nessuna superiorità ideologica, voleva solo non disconoscere il grande contributo dato dalla’ illuminismo alla’ umanità, Voltaire e Benedetto quattordicesimo si scrivevano e si stimavano…
Caro Bartolo, devo precisare anch’io che non do al termine “polemica” alcun significato negativo: esso riguarda il “conflitto” delle opinioni, non delle persone. E le opinioni sono spesso in conflitto. Per esempio, non ho mai stimato Voltaire, che ho ritenuto un ciarlatano e un superficiale fin dal secondo liceo, dopo avere letto quel Candido, che mi lasciò stupefatto per la sua inconcludenza filosofica. Naturalmente, tu hai un’opinione diversa dalla mia e le nostre due opinioni sono fatalmente “in conflitto” (questo significa “polemica”). Nulla di più, nulla di meno. In quanto all’Illuminismo e alla rivoluzione francese, la mia idea negativa risale molto addietro nel tempo, da quando lessi una frase di Einstein che suonava più o meno così: “I problemi non possono essere risolti da quella stessa mentalità che li ha posti”. Ora, la fame nel mondo, la palese ingiustizia nei rapporti umani, sia tra popoli, sia tra individui, derivano da una mentalità che tende all’affermazione di sé a scapito degli altri, con le armi della violenza e della sopraffazione. Allora, fucilare, ghigliottinare, impiccare, non serve a risolvere i problemi, se accettiamo per vera l’affermazione di Einstein. Che dire? Credo che non li risolveranno neanche la Merkel e Renzi, che adoperano la mentalità di sempre, fatta di prevaricazione del ricco sul povero, del forte sul debole, di autoritarismo, etc. etc. etc. E su questo, ormai, non credo di potere cambiare idea. A meno che la Merkel e Renzi non mi dimostrino con i fatti il contrario. Per il momento, mi sembra che i ricchi diventino sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. La storia sarebbe un’ottima “magistra vitae”, se gli uomini volessero apprendere da essa. O no?