Ciccibacco ‘ncoppa a votta, come dicono i Napoletani, è uno dei personaggi irrinunciabili sul presepe popolare napoletano. Nella mia interpretazione del simbolismo presepiale, è la trasposizione di Sileno, il vecchio precettore di Dioniso.
Il presepe popolare napoletano, come l’ho descritto varie volte, per esempio nella distinzione tra colto e popolare, presenta una serie di discese, che conducono a un pianoro, sul quale si aprono tre grotte: quella centrale è riservata alla Natività, delle laterali, una è occupata dall’osteria, l’altra è percorsa dal Ciccibacco.
Di questa struttura ti mostro un esempio, con una immagine del presepe, in fase di completamento, che ho realizzato per il mio video-corso e che esemplifica appunto le discese, il pianoro e le tre grotte. Il Ciccibacco non è stato ancora collocato al suo posto.
In quest’altra immagine, ti mostro un presepe, invece, già completo. Alle spalle della zingara, puoi vedere il Ciccibacco che esce dalla grotta con il suo carro del vino.
Ciccibacco ‘ncoppa a’ votta, lo chiamano i Napoletani, con una ironia che è piena di simpatia per questo personaggio gioviale, un po’ panciuto e dal volto rubizzo, ripieno lui stesso del rosso liquore che trasporta nelle botti su cui è seduto.
Guida un carro che è trainato da uno o due buoi, o, a volte, da un toro. Il carro è uno di quelli a due ruote, come si vede nelle campagne e, quando ero bambino, anche per le vie della città, come in questo pezzo, molto bello, che possedevo un tempo.
Si noti il giogo accuratamente scolpito e la catenella che assicura lo stesso al perno centrale. Anche il pezzo successivo è bello: il carro è trainato da un unico toro, di un bel colore nero; il nostro personaggio è rotondetto nella figura e mostra quella serenità, quella giocondità che in genere è associata al vino, che, dicevo, il conducente del carro non si limita a trasportare.
Se vai in giro per acquistare i pezzi per “fare il presepe”, puoi trovare vari tipi di carretto. Io sono affezionato a due, che acquistai alcuni anni fa.
Ad essi è legato anche un simpatico ricordo. L’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze natalizie, conducevo la mia classe in giro per il centro antico a visitare non solo i monumenti della storia e dell’arte, ma anche ad osservare i lavori della tradizione presepiale.
In via Benedetto Croce, uno dei tratti dell’arteria designata come Spaccanapoli, l’antico decumano inferiore, di cui parlo a proposito del centro antico di Napoli, c’era fino a poco tempo fa una botteguccia che esponeva un mucchio di cose vecchie e nuove: era, forse, qualcosa di meno di un antiquario, ma certo qualcosa di più di un rigattiere. Anche i prezzi erano favorevoli.
Attirato da alcuni carrettini da Ciccibacco, mi fermo per farli notare ai ragazzi, descrivendone le caratteristiche; poi, mentre ne parlo infervorandomi, mi viene il desiderio, ovviamente, di acquistarne un paio.
La negoziante, una simpatica signora, mi considera con benevolo interesse, poi mi fa: “Vui avite ‘a essere veramente nu bravo prufessore (probabilmente siete davvero un bravo professore)”… poi, temendo di essere fraintesa, si affrettò ad aggiungere: “Nun v’ ‘o dico pecché ve state accattanne ‘o carrettiello (Non ve lo dico perché state comprando il carretto), ma pecché, secondo me, è proprio accussì… (ma perché, secondo me, è proprio così).” Queste sono le cose che mi fanno sentire vicino il popolo napoletano, come lo facevano sentire a Benedetto Croce, il nostro grande, indimenticabile “don Benedetto”: il bisogno di esprimere una simpatia immediata e cordiale, senza reticenze, senza ipocrisia, ma anche senza alcuna piaggeria.
Ogni volta che guardo i miei carettini, ricordo sempre il sorriso luminoso, che rischiarava il viso pieno di napoletana simpatia, della brava signora, che aveva sentito il bisogno di esprimere il suo apprezzamento per un insegnante che portava gli studenti a conoscere e ad ammirare la loro città.
Dei carrettini, il primo mostra una accurata esecuzione, nei raggi e nei mozzi delle ruote, nel freno, nei tappi delle botticelle.
Il secondo presenta un particolare interesse antropologico, per la storia della civiltà contadina. La tipologia viene dalla notte dei tempi: lo conoscevano già i Romani, che lo chiamavano carracutium. Non solo è a due ruote, ma queste sono non a raggi, ma piene, costruite con pezzi accostati e tenuti insieme, mediante due assicelle inchiodate, una maniera semplice di costruire una ruota, anche se non presenta i vantaggi di quelle a raggi.
Tuttavia, l’aspetto tradizionale del Ciccibacco, quale lo si è sempre visto sul presepe popolare napoletano è quello che ti mostro in questo pezzo proveniente da una bancarella di san Gregorio Armeno: il personaggio, seduto su tre botticelle accatastate a piramide, porta un tipico cappuccio rosso afflosciato. Una volta lo si faceva un po’ panciuto e con il viso paffuto: ora, in omaggio, forse, alle tendenze igieniste e salutiste, anche il Ciccibacco ci tiene a conservare la linea. Il carretto è tirato da un bue bianco, pezzato. Il “giogo” è ritagliato nel cartone.
Volendo, si può anche rappresentare il Ciccibacco “in riposo”, durante una sosta nel corso del suo viaggio: allora è seduto accanto ad una botte, brindando con il bicchiere levato, come nell’immagine seguente.
Il suo aspetto florido e giocondo, il suo indissolubile legame con il vino, la vicinanza alla grotta in cui si rivela il massimo “mistero” della Storia, dichiara che in questo simpatico personaggio, uno degli “irrinunciabili” del presepe popolare, i Napoletani hanno conservato il ricordo del precettore di Dioniso, il vecchio Sileno, la cui ebbrezza è sapienza, come ho scritto nell’articolo che parla di questa interessante figura della mitologia greca.
Di questa trasposizione di Sileno nel Ciccibacco dei Napoletani fui sempre convinto, a partire dalle pagine di In limine, in cui analizzai secondo il mio metodo la sesta bucolica di Virgilio, e poi, più chiaramente e distesamente nel definitivo Il Sogno di Benino. Non ho mai cambiato idea: ciò che scrivo in queste pagine, si può considerare un commento e, se si vuole, un approfondimento di quella giovanile intuizione. La storia della mia interpretazione del presepe popolare napoletano l’ho scritta, in parte, in alcuni articoli, per esempio, quello in cui dicevo che per essa impiegai tre settimane e una vita, e in quello in cui narravo della mia via al presepe.
E tu, sul tuo presepe, hai la consuetudine di collocare anche il Ciccibacco? E quale posizizione gli dai? E che significato gli hai conferito? Su tutto ciò mi piacerebbe avere la tua opinione, perché torneò ancora su questo interessantissimo personaggio.
Posso dire di avere indovinato il personaggio dell’articolo precedente. Secondo Lei come mai, mentre altri personaggi del presepe Napoletano sono stati adottati un po’ dappertutto e compaiono più o meno regolarmente in ogni presepe, il Ciccibacco rimane, se non sbaglio, una peculiarità del presepe Napoletano? Mi domando cosa determini la maggiore o minore diffusione di un personaggio rispetto ad un’altro.
Mi compiaccio con Lei, signor Francesco. Non credo però che il carrettiere con le botti del vino sia una peculiarità del presepe napoletano; il carrettiere compare un po’ dovunque. Peculiare del presepe napoletano è il nome, “Ciccibacco”, che pone il personaggio in connessione con Dioniso e il suo corteo. Penso che ciò sia dovuto al fatto che Napoli sia stata sempre una città greca, che solo lentamente si è arresa alla latinità. Sarà il caso di approfondire. Ci proveremo…come al solito. Nelle nostre indagini presepiali siamo appena agli inizi.
Anche secondo me “è proprio accussì” sei “nu bravo prufessore”: l’ho sempre pensato e più volte scritto a quanto siano stati fortunati, caro Italo, i tuoi alunni.
Ero una “chiavica” a scuola, ma sono stato un Suo alunno …….. fortunato x averlo avuto……sergio5
Non tanto “chiavica”, visto che anche allora riconoscevi di non essere un bravo studente. E credo che la consapevolezza di sé sia più importante della conoscenza del latino, del greco, della matematica etc. Una brava persona è sempre meglio di una canaglia istruita. Ne sono stato sempre convinto. Grazie dell’apprezzamento.
Caro Mariano, ho semplicemente cercato di non rubare lo stipendio che lo Stato italiano mi passava per “intrattenere” i suoi giovanissimi cittadini. Niente di meno e niente di più. In quanto alla “fortuna” dei miei alunni, non credo che sarebbero tutti d’accordo. L’episodio del “carrettino” l’ho raccontato solo per parlare del carattere della mia gente, che, quando è simpatica, è davvero simpatica… Buone feste.