Arcadia: luogo simbolico dello spirito, non solo località geografica della Grecia, da quando Virgilio vi ambientò i suoi pastori. A Mergellina, un luogo da visitare.
Virgilio non è semplicemente un poeta latino, ma piuttosto “il poeta latino” per eccellenza, poiché non fu solo maestro di stile, ma anche di costume e di vita, come seppero i poeti successivi che a lui si ispirarono. Dante, poi, lo volle come guida per il suo viaggio ultraterreno, nei primi due regni, inferno e purgatorio. Tutti sanno che Virgilio è l’autore dell’Eneide, il cui eroe principale, Enea, appunto, compie un viaggio agli Inferi che è un modello di quello dantesco.
Forse, però, non tutti sanno che Virgilio scrisse anche le Bucoliche e le Georgiche: le prime, in numero di dieci, sono dei canti pastorali, le seconde un poema sul lavoro dei campi, l’agricoltura e l’allevamento del bestiame.
Al centro delle Bucoliche (o Ecloghe) vi è il mondo dei pastori, che vivono una vita in armonia con la natura, anche se non sempre serena, né esente dai mali, primo fra tutti quello che per gli antichi era il male più grave, il patema d’amore. Negli intervalli del lavoro, mentre il bestiame pascola tranquillo, i pastori alleviano la fatica o la pena cantando motivi campestri, accompagnandoli con il suono della zampogna agreste.
A un certo punto, Virgilio trasferì la scena in cui far muovere i suoi pastori in un paese realmente esistente, ma abbastanza lontano perché la sua poesia potesse idealizzarlo: l’Arcadia, una regione al centro del Peloponneso, in Grecia, ma che da quel momento diventò anche un luogo dello spirito. Arcadia e arcadico entrarono nella letteratura e nella lingua con il significato di paesaggio campestre in cui si svolge una vita serena, idilliaca, in sintonia con la natura.
Il messaggio centrale dell’opera di Virgilio, che torna oggi fortemente di attualità, è che solo chi lavora conosce la giustizia. Il mondo dei pastori e degli agricoltori è quello in cui, secondo Virgilio, la Giustizia, lasciando la terra, impresse le sue ultime tracce.
Questo messaggio trova corrispondenza nella pagina del Vangelo di Luca, nella quale, alla nascita di Gesù, l’Angelo si reca a portarne l’annuncio non ai ricchi e ai potenti della terra, ma ai pastori che vegliano le greggi.
Sul presepe, uno tre “momenti” in cui è scandita la narrazione, è appunto “l’annuncio ai pastori”, che offre agli artigiani un pretesto per rappresentare, in tutta la bellezza della sua semplicità, la vita agreste e pastorale, con una quantità di oggetti lontani dall’uso cittadino.
All’interesse per il mondo pastorale che si nota sul presepe non è estraneo l’amore per la poesia virgiliana che a Napoli non è mai venuto meno. Anche la figura di Benino, il pastorello che dorme all’inizio del percorso presepiale, di cui ho parlato qui, ricorda le figure di pastori virgiliani, serenamente distesi all’ombra degli alberi.
Nato a Mantova, alla cittadina lombarda Virgilio diede la gloria di esservi nato, ma volle lasciare le sue ossa alla città della Sirena, dove aveva meditato il suo canto più bello: proprio i quattro libri delle Georgiche, che solo la rigogliosa natura della pianura campana poté ispirargli.
Oggi desidero appunto accompagnarti in uno dei luoghi di Napoli più interessanti, dove spero ti recherai, se già non ci sei stato, o ci ritornerai, a guardare forse con maggiore consapevolezza. Quando qualche turista in visita a Napoli mi chiede quale monumento vedere per primo, la mia risposta è immediata: il sepolcro di Virgilio a Mergellina, nel Parco virgiliano. Si trova a poca distanza dalla Riviera di Chiaia e da via Caracciolo, in prossimità della chiesa di Santa Maria di Piedigrotta e vi si può giungere agevolmente con la metropolitana.
Sebbene la città abbia da tempo inglobato questa zona dedicata al culto del poeta mantovano, basta superare il cancello del parco, perché i suoi rumori si allontanino e di loro non giunga più che un’eco ovattata: il fascino di questo luogo spira intatto, anche grazie alle piante “virgiliane” che sono state collocate lungo i viali, il faggio, l’ibisco, il mirto, il giunco, le basse tamerici.
Seguendo i viali in salita e proseguendo per una stretta scala che fiancheggia i resti di quello che fu un importantissimo acquedotto romano, giungiamo a quello che la tradizione ritiene essere il sepolcro del poeta. Esso si presenta, nella sua struttura, come un blocco cubico, sormontato da un cilindro: che è poi una forma diffusa di sepolcri romani, come ve ne sono tanti nella nostra stessa regione.
Si tratta di uno di quelli che gli archeologi chiamano “colombari”, per la presenza, all’interno, di piccole nicchie, che erano destinate ad accogliere i vasi con le ceneri dei defunti e che nell’aspetto sono simili a quelle casette costruite per dare ricetto ai colombi.
In lontananza si vedono il golfo e il Vesuvio, il terribile vulcano che con le sue lave assicura la fertilità di questa parte della Campania, anche se di tanto in tanto semina morte e distruzione. Nonostante la sua terribilità, che ispirò a Leopardi il canto della Ginestra, il Vesuvio davvero merita il nome di “padre della Campania” che gli diede il filosofo nolano Giordano Bruno.
Oggi, fin dal 1939, anche le spoglie di Leopardi riposano nel Parco Virgiliano: puoi vedere la sua tomba prima di giungere al sepolcro di Virgilio.
Dalla cima del Vesuvio, lo sguardo discende su Napoli e su Castel dell’Ovo. Narrava la leggenda che Virgilio, poeta, sapiente e mago, avendo a cuore la salvezza della città, l’avesse dotata di un Palladio, un oggetto magico finalizzato a proteggere il luogo con la sua sola presenza. In una stanza nascosta del castello sull’isola aveva sospeso un uovo: finché questo fosse restato intatto, anche la città sarebbe stata salva.
Ma è davvero, questo rudere, il sepolcro di Virgilio? Molti studiosi l’hanno messo in dubbio, ma ho buone ragioni per credere (e non sono il solo) che la tradizione su questo punto non menta.
Tuttavia, se le discussioni erudite non potranno mai dire l’ultima parola, perché l’argomento definitivo non potrà essere addotto, ciò che resta importante è che da questo luogo si è diffuso l’amore per Virgilio e la sua opera, amore che non è estraneo alla passione per il presepe.
L’argomento merita un più ampio discorso, ma per ora mi fermo qui, pago se sono riuscito a destare un po’ la tua curiosità.
Anche questa volta, caro Virgilio, voglio proprio vedere come farai a guidarci lungo questo nuovo percorso presepiale.
Un caro saluto
Mariano
Bene, caro Mariano. Eccoti accontentato, con la seconda parte dell’articolo su Mergellina. Fammi sapere se sei soddisfatto.