martedì , 30 Maggio 2023

Animali sul presepe: il lavoro degli uomini

Animali sul presepe: in funzione di ornamento, ma anche a ricordare la loro presenza accanto agli uomini nella dura fatica quotidiana. E diventa ancora più pressante la domanda sul nostro rapporto con loro.

Senza gli animali sul presepe la nostra raffigurazione mancherebbe di vivacità e di espressività, come ho iniziato a dire qui. Gli animali sul presepe, infatti compaiono sia come elementi del paesaggio naturale, sia come collaboratori del lavoro degli uomini.

Continuando nell’operazione dello scartoccio, libero altre figure di animali: delle caprette, molto belle nella loro eleganza, come questa, di terracotta, acquistata in una bottega di S. Gregorio Armeno. Con incisivi colpi di stecca, è stato reso bene il duro vello che non ha certo la morbidezza del vello di pecora, tanto è vero che si dice “questione di lana caprina”, quando si vuole sottolineare la inutilità di una discussione che non può approdare a nulla. Ti raccomando di ricordarti di questa espressione, quando assisti ai dibattiti televisivi… e di decidere quando applicarla nei confronti di politici e personaggi dello spettacolo.

capretta in terracotta
Animali sul presepe: capretta in terracotta.
Da S. Gregorio Armeno

Anche il caprone è un “pezzo” che sul presepe non può mancare : come al solito, ogni elemento della scena presepiale riveste un duplice significato, di aderenza alla realtà e di valore simbolico.

Il caprone fa parte del paesaggio bucolico e, infatti, lo trovi spesso nominato nelle Bucoliche di Virgilio, il grande poeta latino la cui opera ha esercitato qualche influsso sul presepe napoletano.

caprone in terracotta
Animali sul presepe: caprone in terracotta.
Da San Gregorio Armeno

Ma riveste anche un significato simbolico, come figurazione del nostro Avversario per eccellenza, che già sul presepe si era nascosto sotto il bianco grembiale dell’oste. In realtà, il povero animale ha subito la non invidiabile sorte di essere simbolo del Diavolo, solo perché era l’animale prediletto degli dèi pagani Dioniso e Pan, quest’ultimo forza vitale della natura. Il dio Pan era rappresentato con fattezze umane, ma con zampe e corna caprine. Mi è sempre dispiaciuto, fin da quando frequentavo i Musei, constatare che il Cristianesimo aveva adoperato l’immagine del povero dio Pan per raffigurare il Nemico di Dio.

Ma, come ti ho spesso avvertito, per esempio qui, raramente il simbolo è univoco: raramente, cioè, ha un solo significato. Il più delle volte il simbolo ha più di una valenza. E così avviene anche per il caprone, che può essere simbolo anche di Cristo, il quale, poiché “prende su di sé i peccati del mondo”, si identifica con il “capro espiatorio“, su cui erano scaricati i peccati del popolo ebraico.

Molto espressiva è questa figuretta in legno, colta in una vetrina di San Biagio dei Librai, uno dei tratti dell’arteria nota come “Spaccanapoli“, il decumano inferiore della Neapolis greco-romana.

caprone in legno
Animali sul presepe: caprone in legno.
Da San Biagio dei Librai

Altri animali sono anche più vicini all’uomo, per l’indispensabile aiuto che gli danno nella sua fatica. Il mulo, per esempio, che, simbolo della testardaggine, è però resistente alla fatica e alle marce forzate, soprattutto in zone di montagna, dove non potrebbe arrivare un animale, ritenuto più nobile, il cavallo. E sì, perché il mulo è un animale “bastardo”, frutto di un incrocio: ma senza di lui, i nostri Alpini non avrebbero forse potuto scrivere le pagine della loro indimenticabile epopea.

mulo di terracotta
Animali sul presepe: mulo di terracotta da S. Gregorio Armeno.
Presepe Sarcone

Forse ricorderai il pianto dei rudi Alpini e la loro appassionata protesta quando, mi sembra nel 1993, fu deciso il congedo per gli ultimi muli, che avrebbero dovuto prendere la strada del mattatoio.

E mentre rigiro tra le mani il mulo che ho liberato dall’involucro protettivo non posso non pensare ai suoi modelli viventi, simbolo degli ultimi della terra, sempre sfruttati, vittime del potere economico e politico, mandati al macello e gettati via quando non servono più.

Avremmo sicuramente più rispetto per gli animali, se riflettessimo che il destino che essi subiscono è quello riservato alla maggior parte degli uomini.

Qualche altro animale del mio presepe mi ricorda poi anche giovanili avventure, come questo bufalo, il cui modello in carne ed ossa incontrai nella piana di Paestum, tra le mura antiche ed il mare: la scontrosa bestia aveva tutta l’intenzione di caricarmi e stritolarmi sotto i possenti piedi, perché mi ero avvicinato un po’ troppo alla zona in cui pascolavano le bufale in sua custodia. Mi salvai per la protezione del mio Angelo custode, unita, chissà, a quella di antiche divinità pagane, cui non ho mai negato il mio rispetto, se non ho potuto dar loro la mia devozione.

Questa figuretta mi piace molto, perché mi ricorda il fiero animale che mi fece segno della sua ostilità, negli anni lontani della mia gioventù. Nonostante il pericolo corso, non gliene ho mai voluto, a quella scontrosa bestia, che rispondeva all’istinto di possesso e di protezione nei confronti delle sue femmine. Mentre soppeso in una mano la statuina, penso che la sola idea  di ridurre in bistecche un simile animale, simbolo di forza, di potenza, di fierezza, dovrebbe fare venire un crampo allo stomaco.

Mi viene a un tratto l’idea di andare a controllare quello che dice la pagina iniziale della Bibbia, a proposito del rapporto dell’uomo con gli animali: se veramente, come comunemente si crede, Elohim Adonai ha creato gli animali per fornire all’uomo i mezzi di sussistenza.

E dunque, il capitolo primo della Genesi, dopo la creazione dell’uomo, ai versetti 29-30, dice esattamente questo:

29. Dixitque Deus: “Ecce dedi vobis omnem herbam afferentem semen super terram et universa ligna, quae habent in semetipsis fructum ligni portantem sementem, ut sint vobis in escam
30. et cunctis animantibus terrae omnique volucri caeli et universis, quae moventur in terra et in quibus est anima vivens, omnem herbam virentem ad vescendum”.

Utilizzo sempre il testo latino della Vulgata, perché è quello attraverso cui l’Europa cristiana ha conosciuto la Parola di Dio. Ti traduco il passo:

29. E Dio disse: “Ecco, vi ho dato ogni erba che porta seme sulla terra e tutti gli alberi, che hanno hanno in se stessi il frutto dell’albero con il suo seme, perché vi siano di cibo; 30. a tutti gli esseri viventi della terra, ad ogni uccello del cielo e a tutti gli altri esseri che si muovono sulla terra e che hanno spirito vitale, ho dato per nutrirsene l’erba verdeggiante.

A quanto pare, Dio non ha detto agli uomini che potevano mangiarsi gli animali, come si è sempre sostenuto. Che Dio abbia allora creato l’uomo vegetariano? Ma forse il permesso di nutrirsi degli animali si trova in un altro passo. Andiamo avanti, al capitolo secondo, dove si ripete in un’altra forma il racconto della creazione:

8. Et plantavit Dominus Deus paradisum in Eden ad orientem, in quo posuit hominem, quem formaverat.
9. Produxitque Dominus Deus de humo omne lignum pulchrum visu et ad vescendum suave, lignum etiam vitae in medio paradisi lignumque scientiae boni et mali.

[…]

15. Tulit ergo Dominus Deus hominem et posuit eum in paradiso Eden, ut operaretur et custodiret illum;
16. praecepitque Dominus Deus homini dicens: “Ex omni ligno paradisi comede;
17. de ligno autem scientiae boni et mali ne comedas; in quocumque enim die comederis ex eo, morte morieris”.
18. Dixit quoque Dominus Deus: “Non est bonum esse hominem solum; faciam ei adiutorium simile sui”.
19. Formatis igitur Dominus Deus de humo cunctis animantibus agri et universis volatilibus caeli, adduxit ea ad Adam, ut videret quid vocaret ea; omne enim, quod vocavit Adam animae viventis, ipsum est nomen eius.

Così, già a prima vista, non mi pare che ci sia un invito rivolto all’uomo da Dio perché si cibi degli animali. Anzi sembrerebbe che neppure gli animali, nel suo progetto, dovrebbero mangiarsi tra di loro. Ma traduciamo:

8. E il Signore Iddio piantò un giardino nell’Eden verso oriente e in esso collocò l’uomo che aveva formato; 9. e il Signore Dio fece spuntare dalla terra ogni tipo di albero bello a vedersi e dolce da cibarsene e, nel mezzo del giardino, fece spuntare l’albero della vita e l’albero della scienza del bene e del male. […] 15. Prese dunque il Signore Iddio l’uomo e lo pose nel giardino dell’Eden, perché lo lavorasse e lo custodisse; 16. e il Signore Iddio diede questo comando all’uomo: “Mangia pure i frutti di ogni albero del giardino; 17. ma non mangiare il frutto dell’albero della scienza del bene e del male, poiché nel giorno in cui ne mangerai sarai soggetto alla morte”. 18. Il Signore Iddio disse anche: non è bene che l’uomo sia solo; per lui farò un aiuto che gli sia simile. 19. Formati dunque dalla terra tutti gli animali del suolo e tutti gli uccelli del cielo, il Signore Dio li condusse da Adamo, per vedere che nome avrebbe imposto loro: qualunque nome infatti, Adamo diede a un essere vivente, quello è il suo nome.

L’intenzione dello scrittore sacro è chiara: Dio ha dato all’uomo il “dominio” della terra e degli animali, non perché li sfruttasse a proprio piacimento, ma perché contribuisse all’opera divina: lavorando nel giardino e custodendolo. In quanto agli animali, Dio conferisce all’uomo un incarico eccezionale, quello di “dare loro un nome“, cioè, nel linguaggio biblico, di “conoscerli” e  dare loro un’identità. Tutt’altro che ridurli a bistecche e in scatolette.

“Dominio” è, nel nostro linguaggio, parola non bella, poiché esprime sopraffazione e prepotenza. Ma se andiamo all’etimologia, scopriamo che la parola indica in origine tutt’altro: il “dominio” è la caratteristica del “dominus”, del “padrone di casa” e compito del padrone è di custodire ed accrescere la casa, non di distruggerla, come sta facendo l’uomo con la sua dimora e con gli esseri che la abitano.

Ancora una volta, preparando il presepe, siamo andati lontano con le nostre riflessioni, avventurandoci su un terreno minato.

Ma non ti ho spesso avvertito che “fare il presepe” non è come fare del semplice modellismo?

E per te, invece, che cosa è? “Fare il presepe” ti spinge a riflettere?

 

 

2 commenti

  1. E’ appassionante seguirti, caro Italo, in queste avventurose riflessioni.
    Un caro saluto

    • Sì, sono proprio “avventurose” queste riflessioni: del resto il presepe stesso è una “avventura”: nelle profondità del pensiero e della sensibilità dell’uomo. Scriverò un articolo. grazie del suggerimento, Mariano.

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